Cospito, l'Antimafia: resti al 41 bis. L'ultima parola a Nordio, Meloni: «Non arretriamo»

Il premier: la sfida è allo Stato. Ora serve responsabilità da tutti

L’appello dell’Antimafia: Cospito resti al 41 bis. L'ultima parola a Nordio, Meloni: «Lo Stato non può arretrare»

di Cristiana Mangani e Francesco Malfetano

«Inesistente». Carlo Nordio prova a spegnere le polemiche sul carcere duro e, in un’Aula che ribolle per l’agitazione sul caso di Alfredo Cospito, chiarisce come il 41 bis non solo «non è mai stato messo in discussione» dal governo quanto che ogni possibilità di arrivare alla revisione della norma è - appunto - «inesistente». Tant’è che, mentre Giorgia Meloni su Twitter ribadisce come «non arretriamo davanti a intimidazioni e minacce», con ogni probabilità per l’anarchico detenuto non si arriverà ad una revoca del regime carcerario speciale come richiesto dai suoi legali. Se il ministro (che ha l’ultima parola) ieri si è limitato a dire che «esaminerà congiuntamente» i pareri del procuratore generale di Torino (atteso oggi) e della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, a quanto trapela, quest’ultima sarebbe orientata ad esprimersi per la permanenza di Cospito nel carcere di Opera. 

Del resto, come sottolinea Nordio intervenendo a Montecitorio e palazzo Madama per le attese informative sul carcere duro, rivedere lo status di Cospito per lo sciopero della fame che porta avanti da quasi 105 giorni sarebbe un rischio. «Apriremmo una diga a tutta una serie di pressioni da parte di detenuti che si trovano nello stesso stato» di detenzione se «lo stato di salute» di Cospito finisse per essere un condizionamento nell’allentamento del 41bis. Anche perché la sua permanenza in cella è motivata dai «documenti di esortazione alla lotta armata». 

Peraltro lo stato di salute dell’anarchico al momento non sembra richiedere interventi differenti. Sollecitato dalle interrogazioni delle opposizioni ieri particolarmente battagliere (in serata hanno abbandonato l’aula del Senato), Nordio aggiorna infatti gli eletti anche su questo punto. «Nel carcere di Opera è assistito ad horas, monitorato con la massima assistenza possibile nella migliore struttura sanitaria carceraria italiana».

Non a caso a sera, per serrare i ranghi dopo la spaccatura dell’Aula, Meloni telefona ad una trasmissione su Rete 4 per chiedere di abbassare i toni appellandosi alla responsabilità dei giornali («Dicono che voglio farlo morire in cella») e sottolineando come «la sfida non è al governo» ma «allo Stato». E lo Stato, continua il premier, «ci riguarda tutti, non è un tema politico, di destra e sinistra».

 

LE DIMISSIONI

Il Guardasigilli entra poi direttamente nel cosiddetto caso Donzelli. Ovvero nella rivelazione di conversazioni in carcere tra il detenuto e alcuni esponenti della ‘ndrangheta e camorra, tutti in regime di 41 bis, citate martedì in Aula dal deputato di FdI e vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli, dopo averle ricevute dal collega di partito e sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Sul punto il ministro, ignorando le richieste di dimissioni per entrambi, ha però sostanzialmente spiegato come serva tempo per accertare ogni responsabilità e ogni eventuale abuso. Il Guardasigilli infatti dice di non poter rispondere sulla questione perché è stato aperto un fascicolo da parte della procura di Roma, dopo l’esposto presentato da Angelo Bonelli, deputato del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra. Aggiungendo: «Tutti gli atti riferibili a detenuti in 41 bis sono per loro natura sensibili. Ragion per cui a fini di un’ostensione occorre una preventiva verifica». Una risposta giudicata insoddisfacente da Pd, Terzo Polo e Movimento 5 stelle che hanno ribadito la richiesta di dimissioni per Delmastro. Richiesta - al netto di un minimo di freddezza registrata tra le anime più belliciste di Lega e Forza Italia - prontamente rispedita al mittente da FdI con il capogruppo alla Camera Tommaso Foti: «Rimangono al loro posto».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Febbraio 2023, 09:34
© RIPRODUZIONE RISERVATA