Conte vuole tre donne vicepresidente. Di Maio e Fico “garanti” per Grillo

Conte vuole tre donne vicepresidente. Di Maio e Fico “garanti” per Grillo

di Mario Ajello

Conte vuole un plebiscito, deve avere un plebiscito. Se non ha tanta gente tra gli iscritti che va a votare, almeno l’80 per cento dei 113.000 (per lo statuto hanno votato solo 60mila), e non votano tutti per lui (almeno il 90 per cento, visto che di solito producono risultati bulgari le urne telematiche M5S) la sua ascesa alla guida del movimento nasce zoppicante. Dunque, per il voto di ieri e oggi che lo renderà presidente M5S (ma trionfalmente o no?) l’ex premier ha chiesto a tutti i big e peones di mobilitarsi per spingere gli attivisti a cliccare il suo nome. E ha fatto uscire cifre entusiastiche con lo scopo di eccitare la mobilitazione: «Alle ore 13 sono 20 mila gli iscritti che hanno votato on line». E ancora doping: «La media dei votanti, rispetto alla precedente votazione per lo statuto dei giorni scorsi ha fatto registrare un +60 per cento». Poi bollettino delle ore 19: «Al momento hanno votato 40mila persone». 

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Ma i conti veri (o almeno si spera veri) si faranno alla fine cioè stasera dopo le 22. Intanto la comunicazione contiana - l’ex premier è preoccupato: «E se votano in pochi?» - è impegnata a far passare il messaggio che c’è grande entusiasmo nella base. Anche Di Maio si presta con un post su Fb: «Insieme agli iscritti votiamo per Giuseppe Conte presidente del Movimento 5 Stelle. Un momento di cambiamento e partecipazione, per raggiungere un altro risultato che ci consentirà di completare il nostro percorso di rinnovamento. Ormai ci siamo, il vostro voto è importante!». Ok, ma perché tace invece Beppe Grillo?
Si sta cercando da giorni di sollecitare l’Elevato a fare un endorsement per Conte, valido sia prima del voto sia durante. Capace di procurare decine di migliaia di clic per Giuseppe. Ma per ora Grillo tace. E se dovesse tacere anche una volta conclusa la votazione, con l’ovvia vittoria di Conte, il silenzio di Beppe darebbe la misura di quanto i due, dopo la riappacificazione, non siano granché riappacificati (Grillo aveva dato a Conte dell’«incapace» e Giuseppe lo aveva bollato come un ingombrante padre-padrone, poi la debole ricucitura). E del resto, si fa notare nel movimento che non è per niente sereno, Grillo non ha neppure commentato l’esito del voto sullo statuto. Avrebbe potuto dire «bravo Conte» ma non lo ha detto. Gli avrebbe potuto dare una gioia personale e un riconoscimento pubblico ma ha evitato di dargliela. Poi magari ci sarà il contentino nelle prossime ore, ma le distanze restano. Lo schema che ha in testa Grillo, e che Conte non potrà non concedergli, è quello di una sorta di contropotere, ovvero: la presidenza e i 3 vicepresidenti al nuovo leader ma nel Comitato dei Garanti ci sono gli altri. A cominciare da Fico e da Di Maio. A bilanciare il peso di Conte in un organismo dove, pur essendo loro non ostili all’ex premier, Grillo può muoversi agilmente e da lì condizionare o perfino defenestrare Conte. Ma si vedrà come saranno i nuovi equilibri. 

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Le grane

Intanto, in ossequio al femminismo come nuova frontiera della vita dei partiti (sono donne per esempio le capogruppo dem di Camera e Senato), Conte starebbe pensando alla squadretta di vicepresidenti tutta al femminile. Un tris di donne: Paola Taverna (la prima che si precipitò a casa dell’ex premier per ricucire la rottura tra lui e Grillo), l’ex ministra Lucia Azzolina che è vicinissima a Giuseppe e da lui molto apprezzata e Chiara Appendino che a Torino non si è ricandidata e a cui stanno facendo ponti d’oro per spenderla come volto del nuovo movimento. 
Ma prima di pensare a tutto questo, Conte deve superare brillantemente il voto che si chiude stasera.

Intorno al quale fioccano freddure: «Il sondaggio Demos non ha appena detto che Conte è preferito dagli elettori Pd che dai nostri?». Sondaggio forse una volta tanto azzeccato. Infatti il 10 agosto - la notte di San Lorenzo con le stelle cadenti - ci sarà il Mov-Exit: la scissione di un pezzo della base, contro il nuovo corso contiano e in favore di Dibba, Lezzi, Morra e Casaleggio, sui territori da Nord a Sud. Più grane che gioie insomma per Conte. Ma potersi dire leader ed entrare nel bel mondo dei capi partito significa, per l’ex avvocato del popolo, visibilità e onori. L’alternativa era l’oblio.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 6 Agosto 2021, 09:22
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