Quirinale, Berlusconi insiste: «Al quarto scrutinio mi votano anche gli altri»

Il Cavaliere: «In molti mi promettono appoggio, posso andare oltre il centrodestra»

Colle, Berlusconi insiste: «Al quarto scrutinio mi votano anche gli altri»

di Mario Ajello

Non c'era la musica, ma il sound di Villa Grande - ieri durante il pranzo tra Berlusconi, Salvini, Meloni e gli altri leader del centrodestra - ricordava quello della celebre canzone: «Presidente siamo con te / menomale che Silvio c'è». Il Cavaliere infatti ha premesso: «Deciderò a gennaio se correre per il Colle oppure no».

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Ma subito dopo ha illustrato la sua strategia da candidato già in campo: «Alla quarta votazione ci sarò io. E i numeri non sono un problema». Il candidato che allarga e può pescare voti anche negli altri fronti Berlusconi lo ha trovato in se stesso. Spiega ai commensali: «Mi stanno arrivando segnali d'interesse da parte di tanti nell'area di centro, nel gruppo misto e qui e là in Parlamento, avrò i numeri per andare anche oltre i consensi del centrodestra». Salvini, Meloni, Toti, Cesa, Lupi ci credono o mostrano di crederci - qualcuno di loro dopo il pranzo dirà: «È stata la farsa dell'unanimismo - e gli assicurano: «Presidente, se tu ti vuoi candidare, noi ti sosteniamo senza se e senza ma». Siamo però ancora all'inizio, come sanno tutti e come sa anche Berlusconi, e quindi le promesse e le intenzioni devono resistere alla prova del tempo. In questa fase così magmatica, la Meloni propone un patto: «Perché non c'impegniamo tutti insieme a non percorrere la soluzione di un Mattarella bis anche se dovesse aggravarsi la pandemia?». Non ottiene risposta Giorgia. E neppure su questo: «Se Draghi ci chiede di votarlo per il Colle, voi che cosa farete?». Alcuni dei commensali uscendo da Villa Grande commentano che Draghi «è stato intempestivo» nella sua mossa e notano con soddisfazione: «Sta facendo retromarcia».

Il centrodestra - che, assicura Tajani e confermano gli altri, «si muoverà con una strategia comune concordata a ogni passo» - aspetta di vedere che cosa deciderà il 13 gennaio il Pd nel suo summit e poi farà i propri giochi. Che ruotano intorno a Berlusconi, il quale ieri oltre a Tajani e a Letta aveva al tavolo anche la Ronzulli e Giacomoni e ha dato appuntamento a tutti il 12 gennaio per un altro summit a Villa Grande.


FORMAGGI E BOLLICINE

Al pranzo Salvini, dopo aver portato in mattinata i formaggi valtellinesi a Draghi, si è presentato con una bottiglia di bollicine Ferrari adatta al menù: ravioli in doppia versione (quella patriottica con pomodoro, basilico e parmigiano e quella burro e salvia), filetto con carciofi e patate, babà. Ma da gran padrone di casa Silvio ha fatto trovare per la Meloni, che le adora, le pere cotte al vino. E uno degli ospiti ha citato la poesia di Quasimodo cambiando «ed è subito sera» in «ed è subito pera». Ma non Pera inteso come Marcello perché «di nomi per il Colle - assicurano i presenti - non s'è parlato». Tranne di quello del Cav. Il quale ha assicurato: «Contro di me non ci saranno franchi tiratori». Affermazione che incontra qualche scetticismo. Ma davanti a Zio Silvio, tutti si sono detti con Berlusconi. Mentre nelle telefonate del dopo, con amici e colleghi di partito, si registrano racconti così: «Gli abbiamo dato il nostro appoggio per farlo contento, ma sembra tutto un azzardo...».


Lo spirito unitario, pur nella convinzione della Meloni che per l'ex premier «i numeri sono complicati», per adesso c'è nel centrodestra. E si farà di tutto, finché si potrà, per non gustarlo.
 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Dicembre 2021, 15:32
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