Autostrade, revoca più lontana ma è scontro Pd-M5S sul rinvio

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di Andrea Bassi
I tentativi di tenere in piedi la trattativa sono proseguiti fino all’ultimo minuto. L’amministratore delegato di Autostrade, Roberto Tomasi, dopo la lettera del 10 luglio nella quale accettava quasi tutte le condizioni poste dal governo per scongiurare la revoca, ha mandato un’altra missiva a Palazzo Chigi, Tesoro e ministero delle infrastrutture. Un ultimo estremo tentativo di riannodare il filo del dialogo. Autostrade si è resa disponibile a cercare qualche soluzione anche sulla manleva dei funzionari dei ministeri (ce ne sono 21 indagati) per le responsabilità civili legate alla caduta del Ponte Morandi. Ma nessuna risposta è arrivata. Palazzo Chigi ha atteso una risposta sull’altro fronte, l’unico in grado di dissetare la sete di rivalsa grillina nei confronti della famiglia Benetton: l’uscita tout court di Atlantia dalla società Autostrade. 

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Ma, fino a ieri, sia i soci di maggioranza che quelli di minoranza (nel capitale c’è il fondo sovrano cinese Silk Fund, i tedeschi di Allianz e i francesi di Edf), hanno rintuzzato le richieste. Atlantia non sembra disponibile a scendere sotto il 31% nel capitale della controllata. Le due società, che ieri mattina avevano convocato i consigli di amministrazione in attesa delle decisioni del governo, hanno riaggiornato i board a questa mattina in attesa delle decisioni del Consiglio dei ministri notturno. Il partito della revoca, capitanato dal Movimento Cinque Stelle, continua a spingere in questa direzione, magari puntando su un commissariamento della società in stile Ilva. Non è una via semplice. Le basi giuridiche sono fragili. Servirebbe un decreto legge. Il governo dovrebbe esplicitare quali sono le indifferibili motivazioni di urgenza che comportano la nomina di un Commissario tramite decreto. Questa scelta cadrebbe a ormai due anni di distanza dal crollo del Ponte Morandi e con un management che, in Aspi è stato completamente rinnovato da circa un anno. Il Gruppo Atlantia potrebbe essere favorita nel supportare i contenziosi nei confronti dello Stato. Si creerebbe tra l’altro un inevitabile conflitto di interessi, che diventerebbe ancora più palese nella rappresentanza della società davanti ai tribunali amministrativi, civili e penali. 

LA STRATEGIA
Ma se la strada del commissariamento non sembra agevole, quella della revoca sembra quasi impraticabile. Solo ieri si è scoperto che il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli, a marzo aveva inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nella quale chiedeva di prendere una decisione sulla questione di Autostrade, sconsigliando la revoca e spingendo invece per una soluzione «transattiva». 
La ragione è semplice. Nella lettera è citato un parere dell’Avvocatura dello Stato che non esclude che in un eventuale contenzioso, nazionale e internazionale, i giudici possano dar ragione ad Autostrade condannando lo Stato a pagare l’intero risarcimento quantificato in 23 miliardi di euro. 

Il cerino, insomma, è in mano al governo. Conte ieri prima del consiglio dei ministri ha convocato i capi delegazione per tentare una mediazione. Riunione poi saltata. Ma le posizioni restano distanti. Mentre il Movimento Cinque Stelle spinge con tutte le sue forze verso il commissariamento e la procedura di revoca, in questo appoggiata da Liberi e Uguali, Italia Viva resta fortemente contraria a un’operazione nella quale i renziano vedono più rischi che vantaggi. Il Partito democratico sta nel mezzo. I ministri dell’economia e delle infrastrutture, Roberto Gualtieri e Paola De Micheli, non hanno intenzione di apporre la propria firma al decreto interministeriale che sarebbe necessario per la revoca. Vogliono che la decisione sia di tutto il Cdm.

LA RICHIESTA
Gli investitori esteri sono alla finestra e guardano perplessi. I governo cinese ha anche chiesto informazioni all’ambasciatore italiano su cosa stia accadendo, sempre considerando la partecipazione del suo fondo sovrano al capitale della società. Ieri in Borsa il titolo di Atlantia ha tentato un rimbalzo dopo il crollo del giorno prima, ma è riuscita a recuperare solo uno 0,75 per cento. 

L’altra soluzione, l’ingresso della Cassa depositi e prestiti nel capitale della società con la conseguente nazionalizzazione, sembra aver perso forza. Almeno per il momento. Prima di poter avanzare qualsiasi proposta per un ingresso nel capitale del concessionario della rete autostradale italiana, la Cdp ha bisogno di avere certezze sulla nuova convenzione e sul piano tariffario. Se i pedaggi dovessero ricevere dei tagli consistenti, l’investimento potrebbe non essere »profittevole». E sarebbe un problema non da poco per la Cassa investire il risparmio postale in un business non remunerativo. 
 
 
 

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Luglio 2020, 00:29
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