Autonomia troppo ampia, allarme di Confindustria. A rischio le grandi opere

Il presidente Carlo Bonomi: l’elenco delle materie vecchio, risale a 22 anni fa

Autonomia troppo ampia, allarme di Confindustria. A rischio le grandi opere

di Andrea Bassi

Carlo Bonomi non molla. Per la seconda volta in pochi giorni, il presidente di Confindustria si schiera apertamente contro il progetto di autonomia differenziata approvato dal consiglio dei ministri. L’occasione è l’assemblea generale sulla transizione ecologica che si è tenuta a Taranto.

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Autonomia, allarme di Confindustria

Le paure degli industriali riguardano, di nuovo, il destino della politica energetica del Paese e quello delle grandi infrastrutture di trasporto. Materie che, nel progetto firmato dal ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli, potrebbero essere liberamente richieste dalle Regioni. «Credo», ha detto Bonomi, «che l’esperienza, specialmente negli ultimi anni, ci ha insegnato che alcune materie molto probabilmente vanno affrontate in una dimensione non solo nazionale ma anche europea. Parlo», ha proseguito, «delle grandi infrastrutture energetiche, di trasporto. Su quelle noi chiediamo di fare una riflessione». Riflessione che, almeno per il momento, nel governo non c’è stata. La legge quadro approvata in consiglio dei ministri e che adesso dovrà avere un primo passaggio con le Regioni nella Conferenza unificata, non pone nessun paletto alle possibili richieste da parte dei governatori. 


Starà, come ha detto nella conferenza stampa dopo l’approvazione del provvedimento lo stesso Calderoli, alla «saggezza» delle Regioni limitare le richieste. Lo faranno? Per ora segnali in questa direzione non ce ne sono. Agli atti, dunque, rimangono le pretese avanzate nel 2019. Sulle grandi reti di energia, per esempio, il Veneto aveva chiesto la competenza «esclusiva» in materia di Via, la valutazione di impatto ambientale, per gli elettrodotti, gli oleodotti e i gasdotti. Sui trasporti, la Regione aveva chiesto allo Stato di acquisire una serie di tratte ferroviarie che passano nel suo territorio: il tratto veneto della Verona - Mantova, la linea Legnano - Rovigo, quella Rovigo - Chioggia, la Vicenza - Treviso, e altre ancora. Anche in questo caso la Regione aveva chiesto che lo Stato rinunciasse alle sue prerogative sull’autorizzazione di infrastrutture, anche quelle strategiche, che passano sul territorio veneto.

Non solo. Un’altra richiesta era quella di trasferire dal Demanio statale a quello regionale «gli aeroporti nazionali insistenti nel territorio veneto e la relativa competenza legislativa e amministrativa». Insomma, ha ricordato Bonomi, l’elenco delle 23 materie presente in Costituzione, è stato stilato 22 anni fa. Forse, ha detto il presidente degli industriali, servirebbe una «riflessione». 

 


GLI INTERROGATIVI
Bonomi aveva già spiegato quali sono i rischi di questa devoluzione spinta di materie. L’esempio che aveva citato era quello del traforo del Monte Bianco. Se fosse chiuso chi se ne dovrebbe occupare? Si era chiesto il presidente degli industriali. È un tema della Val d’Aosta o è un tema italiano e di tutte le imprese del Paese? Non solo. Per rispondere alle mosse di Usa e Cina, per la «vera sfida, quella della competitività del sistema industriale europeo», aveva sottolineato Bonomi, non si può rispondere «con l’Italia o con un sistema regionale. Abbiamo bisogno di una dimensione almeno europea». Anche qui il punto di riferimento restano le bozze di intesa della prima trattativa tra le Regioni e lo Stato sulle materie oggetto della devoluzione. Tra quelle “cedibili” ci sono anche i «rapporti internazionali e con l’Unione europea». Compreso, si legge nei vecchi testi, l’attivazione di forme di consultazione specifica della Regione nelle materie di autonomia differenziata. La domanda insomma è lecita. La delegazione italiana che tratta con la Commissione sulla transizione energetica dovrebbe ricomprendere al suo interno anche rappresentanti di Veneto e Lombardia? Ma sulle materie Calderoli non sembra disposto a cedere. Sono, continua a ripetere, quelle previste dalla Costituzione. Ma chi si siederà al tavolo delle trattative con la Regione, potrà anche rifiutare la devoluzione di alcune competenze. Starà, come dice Calderoli, alla «saggezza» dei negoziatori. Nella speranza che i nove rappresentanti dello Stato che saranno scelti per trattare con la controparte, abbiano chiara la posta in gioco.
 


Ultimo aggiornamento: Domenica 5 Febbraio 2023, 13:42
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