Autonomia, si tratta: maggioranza fredda. «Riforma non equa»

Domani il testo Calderoli finirà all'esame del Cdm

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di Luca Cifoni e Francesco Malfetano

L'autonomia differenziata procede verso il Consiglio dei ministri di domani, anche se non sono venute meno le perplessità all'interno della stessa maggioranza. Nella riunione del pre-consiglio, a cui partecipano i capi di gabinetto dei dicasteri, sono state apportate alcune minime correzioni rispetto alla bozza già in circolazione, che a sua volta aveva subito varie modifiche nelle ultime settimane pur mantenendo la sua impostazione di fondo.

Uno dei nodi principali, che ha suscitato ampie riserve anche tra i costituzionalisti, è il ruolo del Parlamento in una trattativa che vede come protagonisti il governo centrale e le singole Regioni. Nell'ultima versione del testo si prevede che dopo l'intesa preliminare tra i due soggetti istituzionali sia inserito un atto di indirizzo da parte delle Camere. Atto che richiederebbe un passaggio in aula, a Montecitorio e a Palazzo Madama, piuttosto che in commissione. Un assetto che comunque non darebbe all'istituzione parlamentare poteri sostanziali sul merito del trasferimento di competenze dal centro ai territori. Un altro ritocco riguarda il tempo di preavviso che le due parti dovrebbero dare per evitare un automatico rinnovo dell'intesa per un periodo di dieci anni. Il termine sarebbe di un anno e non più di sei mesi, anche per evitare di spezzare l'anno scolastico nel caso di passaggio di funzioni in tema di istruzione.

LE REAZIONI
I passi avanti del disegno di legge sono stati salutati con soddisfazione dal vicepremier Matteo Salvini, secondo il quale «l'autonomia migliorerà il Paese». Per Silvio Berlusconi «le Regioni avranno più risorse e più poteri con l'autonomia, per gestire i servizi essenziali per i cittadini, a partire naturalmente dalla sanità». Più fredda invece Giorgia Meloni che in un video pubblicato ieri sui social per i suoi 100 giorni di governo ha precisato come si sia stabilito «il principio che ogni cittadino, ogni territorio, ogni comune, deve avere la stessa attenzione».
Reazioni in chiaroscuro vengono anche da alcuni governatori. Marco Marsilio, presidente dell'Abruzzo ed esponente di Fratelli d'Italia ricorda che la legge «deve contenere un'equilibrata divisione di risorse e poteri» e si affida «alla capacità di sintesi di Meloni e del governo nel suo complesso» pur esprimendo fiducia nel ministro Calderoli. Il governatore della Calabria Roberto Occhiuto vede «un positivo passo in avanti» nel testo andato in pre-consiglio, ma il fratello Mario Occhiuto, senatore di Forza Italia, parla di «questioni essenziali irrisolte e programma che rischia di dividere l'Italia». E anche a sentire chi tra i ministri di FdI e FI ha seguito da vicino il dossier, plaudendo almeno in parte alla disponibilità di Calderoli a rivedere il testo, la freddezza regna sovrana. «Lo spartiacque sono le elezioni» spiega una fonte di rilievo ai vertici dell'esecutivo, «se vanno come devono il potere contrattuale della Lega sarà diverso e l'iter per l'approvazione della riforma è ancora lungo». Tant'è che in Transatlantico, mentre l'Aula impazzisce nelle discussioni sul 41 bis, i deputati di entrambi i partiti non lesinano annunci battaglieri, a patto che per ora si giochi a carte coperte. «Per fare i Lep ci vorranno mesi» spiega ad esempio un deputato azzurro, «in politica sono un'eternità..». E ancora: «Le intese vanno discusse in Stato-Regioni e in conferenza unificata, lì la Lega non è che sia proprio la maggioranza». Ormai rassegnati all'approdo del testo in cdm in pratica, tanto FdI quanto FI garantiscono: «Vigileremo». L'ultima parola del resto, bozza alla mano, spetta al cdm. E Meloni, ragiona chi è vicino al premier, «anche ieri ha ripetuto più volte che il Paese non sarà diviso. Così sarà».
 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 1 Febbraio 2023, 06:17
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