Milly Carlucci: «Io i problemi vado a cercarli: è il mio karma»

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di Ilaria Ravarino

Ha chiuso un programma a novembre, ne aprirà uno nuovo a gennaio, e anche adesso - a riposo dopo un anno «indimenticabile», in negativo - trovare libero il suo cellulare è un'impresa. Archiviato Ballando con le stelle, con la sua saga di infetti, infortunati e tamponati, Milly Carlucci, 66 anni, pensa alla seconda edizione de Il cantante mascherato, il format coreano che tornerà su Rai1 dal 29 gennaio, con il suo carrozzone di maschere (tutte nuove: pecorella, giraffa, lupo, tigre azzurra, farfalla, gatto, alieno, pappagallo e orso) a camuffare nove cantanti misteriosi in cerca di rilancio.

Il 2020: se guarda indietro cosa vede?
«Un periodo confuso, anche se non lo considero un anno perso. Io dal 2020 ho imparato tanto».

Cosa?
«L'importanza di programmare e prevenire. E la capacità di gestire l'emergenza. Ballando è stata una palestra».

Quando ha tirato il fiato?
«All'ultima puntata. La settimana della finale avevamo due positivi: prima di fare il tampone alla prova generale mi sono fatta il segno della croce».

Il momento peggiore?
«All'inizio. Con la positività di Samuel Peron e Daniele Scardina sembrava che dovesse venir giù tutto. In certi periodi ho fatto il tampone tutti i giorni. Adesso uno a settimana».

Si vaccinerà?
«Certo. Ben venga tutto, purché se ne esca».

Ballando non ha battuto la concorrenza di Tu si que vales. Come mai?
«Già tanto che siamo riusciti ad andare in onda. Programmi come Tu si que vales portano sul palco professionisti e possono farlo registrando le puntate. Noi no. Noi i talenti dobbiamo allenarli. E se qualcuno si ammala, sono guai».

Sì, ma gli ascolti premiano De Filippi. Perché?
«Una sfida l'abbiamo vinta: riportare il varietà nel sabato sera autunnale, che da anni veniva presidiato da Alberto Angela. E sui social siamo stati campioni assoluti».

È riuscita a non guardare gli ascolti?
«Me l'ero ripromesso.

Ma tanto se non lo fai tu, lo fa l'azienda».

La ribalta a vip nell'ombra: è una formula che funziona ancora?
«È indispensabile per programmi come Ballando, che sono fatti anche di storie. Per crearne di convincenti devi cercare personaggi che vogliano mettersi in gioco».

Ma non le andrebbe di giocare con la serie A, qualche volta?
«Sia Ballando che Il Cantante sono un mix di personaggi di serie A e di serie minori, sorprese e rivelazioni. È un mix economico: fare un programma con la serie A costa troppo. Col cast di un varietà Anni 60 oggi fai quattro Sanremo. E la tendenza sarà al risparmio: tutte le tv quest'anno devono fare i conti con gli introiti bassi della raccolta pubblicitaria».

Il cantante mascherato, tra scenografia e costumi, costa: come fate?
«Dove non arrivano i soldi arriva la fantasia. E comunque la tv è un'industria che vive anche di soldi investiti».

Ai cantanti date un gettone?
«Il gettone o la presenza gratis si chiedono solo ai colleghi. Gli artisti che si esibiscono sono pagati perché lavorano e si spendono per il programma».

Il più entusiasta?
«Al Bano. Ancora oggi mi chiede la sua maschera del leone, ma non possiamo dargliela per una questione di diritti».

La scoperta?
«Teo Mammucari. Ha un lato romantico che è emerso. Il bello del Cantante è far vedere aspetti sconosciuti dei personaggi».

E lei, non è stanca di essere inossidabile?
«Io sono cambiata molto, meno roccia, solo che l'ho fatto piano piano».

Dopo Il Cantante si riposa?
«No, ho un talent tra giovani direttori d'orchestra per un contratto con la London Simphony Orchestra. Lo vedremo a maggio su Rai5, forse anche su una generalista. Si gira in Inghilterra, a marzo».

In Inghilterra: Carlucci, ma se le cerca?
«Un po' sì. Se non è una missione impossibile, o almeno complicata, non è per me. Deve essere il mio karma».

 

 

Ultimo aggiornamento: Giovedì 31 Dicembre 2020, 07:52
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