Inspiration4, Hawley vince il cancro e la premiano con la missione record di SpaceX di Elon Musk: 4 privati mai così in alto per 200 milioni di dollari Oggi diretta Live tv

Inspiration4, vince il cancro e parte oggi con la missione record di SpaceX da 200 milioni di dollari: 4 privati mai così in alto Diretta tv

di Paolo Ricci Bitti

Inspiration4, eccola là la nuova zampata spaziale e filantropica di Elon Musk di SpaceX che questa notte con un record rimetterà in riga l'amico Richard Branson di Virgin Galactic e il rivale Jeff Bezos di Blue Origin. Sorpassando anche una bella fetta della Storia della Nasa e di Roscosmos. Il tycoon di Tesla manderà per tre giorni 4 normalissimi privati, civili, normali cittadini come tutti noi, sulla sua navicella CrewDragon a mangiare in testa a 555 astronauti che da Gagarin in poi nel 1961 hanno staccato l'ombra dalla Terra fino ad arrivare nello spazio. Compresi, in quel numero, i 7 pionieri del turismo spaziale che dal 2001 al 2009 trascorsero qualche giorno in orbita sulla Stazione spaziale internazionale spendendo una ventina di milioni di dollari a testa.

Inspiration4, la prima missione di civili nello spazio

Il decollo della missione Inspiration4, prima missione orbitale totalmente privata di sempre, avverrà, meteo permettendo, alle 2 del 16 settembre (ora italiana, le 20 del 15 settembre in Florida) dalla rampa 39A del Kennedy Space Center in Florida, sì, quello da cui partirono le missioni Apollo fino al 1972. Ora, i quattro superturisti spaziali di questa missione non arriveranno dalle parti della Luna, distante dalla Terra in media 385mila chilometri, ma si isseranno con la magnifica CrewDragon fino a quota 590 chilometri, 200 in più di quella stazione spaziale internazionale che ultimamente ha accolto Luca Parmitano e che nel prossimo marzo riceverà Samantha Cristoforetti.

Assai pochi gli uomini che finora si sono spinti più lontani dal nostro pianeta, e tutti professionisti dello spazio, 31 uomini e una donna: i 24 appunto delle missioni lunari Apollo, i 4 astronauti delle missioni Gemini 10 e Gemini 11, che raggiunsero a metà degli anni Sessanta i 756 e 1.368 chilometri di quota e, infine, i 5 astronauti dello Space Shuttle Discovery che durante la missione e nel 1990 portarono in orbita il telescopio Hubble a quota 610 chilometri. L'Hubble venne poi aggiornato e riparato con 5 successive missioni fino al 2009, quando orbitava però a una quota fra i 560 e i 580 chilometri. 

Insomma, dei 587 (65 donne comprese) astronauti, cosmonauti (russi) e taikonauti (cinesi) che si contano fino ad oggi, solo 32 (tutti americani della governativa Nasa) hanno volato più in alto dei quattro privati della missione ugualmente privata Inspiration4: diventano così ben pallidi i voletti suborbitali della Virgin Galactic e della Blue Origin che dall'11 luglio hanno riaperto l'era del turismo spaziale portando finora 8 persone (compresi gli stessi miliardari Branson e Bezos) per pochi minuti a cavallo della linea di Karman che per convenzione fissa a 100 chilometri di quota l'inizio dello spazio, con tutte le questioni legate alla definizione di “astronauta” che con Inspiration4 proprio non si porranno.

Come al solito Elon Musk guarda di nuovo tutti dall'alto mentre racconta di nuovo, nel bel documentario Netflix appena varato su Inspiration4, della sua missione di trasformare il genere umano in una razza multiplaneteria riportandolo prima sulla Luna e quindi su Marte persino per colonizzarlo. Netflix per la prima volta offrirà anche la diretta live del lancio e inoltre ha inserito nella docuserie numerosi interventi di un ispiratissimo Musk che del resto aveva già partecipato alla serie Mars e che vanta un cameo nel film Ironman 2 che potrebbe anche avere ispirato. 

Il patron di SpaceX non ha mai parlato con troppo entusiasmo del turismo spaziale anche se ha tutti mezzi per offrire molto di più della concorrenza, ma questa volta affiancherà il servizio navetta con l'Iss, che gli ha già permesso di portare 8 astronauti professionisti sulla Stazione, con una missione senza precedenti che permetterà inoltre di accumulare una montagna di milioni di dollari da destinare in beneficenza. 

Milioni di dollari? Sì, perché si sa che la caratteristica di questa nuova e privata corsa allo spazio è la partecipazione dei primi due uomini più ricchi del mondo, Bezos e Musk, e di altri stramiliardari come Branson e inoltre ogni missione turistica della nuova era ha avuto finora qualche aspetto filantropico, ma questa volta il contante è già arrivato nelle casse del St.Jude Children Raserch Hospital di Memphis, specializzato nel curare i tumori nei bambini.

Facile essere generosi quando si è miliardari? Ed è facile tacitare con queste donazioni chi ritiene che tutti questi denari per il turismo spaziale potrebbero essere impiegati altrimenti? Ognuno la pensi come preferisce, fatto sta che chi riceve le donazioni è certamente assai felice. E che donazioni: 100 milioni di dollari per il St.Jude ce li ha messi direttamente un altro miliardario di queste vicende, Jared Isaacman, il comandante della missione Ispiration4, e altri 15 milioni sono già stati donati in pochi mesi dai tanti che sono stati appunto ispirati da questa iniziativa e che magari hanno anche sperato di essere sorteggiati per vincere uno dei quattro posti del viaggio orbitale.

Il personaggio chiave è proprio Isaacman, 38 anni, un tipo che ricorda il talento precoce di Musk perché ha fatto i soldi ideando il metodo di pagamento elettronico Shift4 Payment.

Poi però ha un carattere assai più pacato, sposato una volta sola, due figlie. Grazie al suo patrimonio di 2 miliardi di dollari si è tolto lo sfizio di diventare un pilota di caccia a livello di top gun e con grandi doti di pilotaggio acrobatico. Suoi anche due record mondiali di circumnavigazione aereo del pianeta in poco più di 80 ore. E ha pure allestito una pattuglia acrobatica, giocattolo invero costosissimo: il Black Diamond Jet Team. Un vero asso, in altre parole, ottimo eloquio, affascinante, riesce a dire anche "Potremmo morire tutti in questa missione" senza farti rabbrividire. Magari allora definirlo "civile" normale come tutti noi, è un po' esagerato, ma comunque se si fa la media con gli altri tre passeggeri la definizione ci può stare. Ed è credibile quando spiega il fine "ispirazionale" della missione annullando ogni retorica. 

«Un paio d'anni fa stavo parlando con qualcuno di SpaceX – racconta nel docufilm – quando ho chiesto, per mera curiosità, quanto tempo sarebbe servito per portare in orbita i civili e loro mi hanno risposto: “molto prima del previsto. Vuoi essere il primo?”». E lui ha voluto.

Lui e Musk si sono subito presi per il verso giusto tanto è vero che proprio Isaacman ha proposto di spingere la CrewDragon ben oltre la quota della stazione spaziale. E figuriamoci se non è stata musica per le orecchie di Musk mai restìo a stupire prima di tutto se stesso e poi il suo pubblico, i suoi clienti.

Con Isaacman il fondatore di SpaceX ha poi pianificato come scegliere i compagni di viaggio scartando subito gli amici (“sarebbe stato troppo facile e banale e giustamente criticabile”).

Ah, intanto aveva già versato alla compagnia di Musk più o meno 200 milioni di dollari per sé e per i tre passeggeri per quei quattro giorni/tre notti in orbita, vitto e alloggio, compresa la vista panoramicissima nella nuova e strabiliante cupola applicata al muso della CrewDragon al posto del congegno di aggancio-attracco con l'Iss. Sarà possibile vedere trequarti della Terra. E sarà tutto, almeno nelle previsioni, in automatico, per quanto ad Isaacman sia stato istruito sulle manovre effettuabili da bordo.

Anche il criterio di scelta degli altri tre passeggeri doveva essere immaginifico e catalizzatore di attenzione. Ispirare, in altre parole pure i tanti sponsor che si sono aggiunti via via alla missione, dagli orologi di lusso, ai produttori di birra, ai sostenitori della musica veicolata con il sistema NFT (ovvero “non fungible token”) che fa parte del mondo della cripovalute e delle blockchain caro a Musk. La canzone prescelta è Time in Disguise dei Kings of Leon. Nei tre giorni di orbita a 28.800 kmh, con un sorvolo completo della Terra ogni 91 minuti, sono previsti anche numerosi esperimenti scientifici.

Immaginate allora di essere uno degli altri tre passeggeri chiamati qualche nese fa da SpaceX: “Ciao, ti va di fare un giro nello spazio? Costa 50 milioni di dollari, ma è già tutto pagato”.

La docuserie  Countdown andrebbe guardata già solo per vedere le facce dei tre fortunelli alla notizia alla call su Zoom. Sono indicati dai termini Speranza, Generosità e Prosperità mentre Isaacson si è giustamente assegnato quello di Leadership.

Ecco allora “Speranza” Hawley Arceneaux, 28 anni, che diventerà l'americana più giovane (maschi compresi) ad andare nello spazio. E lei è anche molto altro.

E poi “Prosperità” Sian Proctor, geologa, 50 anni, che nel 1990 aveva partecipato a una selezione Nasa, particolarmente convincente nell'illustrare in un video di due minuti il suo sogno di diventare astronauta. Personalità trascinante, conserva il biglietto che le scrisse Neil Armstrong durante un incontro del primo uomo sulla Luna con il padre che nell'isola di Guam tracciava via radio le missioni Apollo. Lei e Hawley saranno le donne che si saranno spinte più lontane dalla Terra insieme all'americana Kathryn Dwyer Sullivan con lo Shuttle nel 1990 per la missione Hubble: una manciata di chilometri in più per la professionista della Nasa che arrivo a quota 610.

E infine “Generosità” Chris Sembroski, 42 anni, sposato, due figlie, veramente il più normale di tutti e 4 i viaggiatori, che è stato cosmicamente fortunato. Ingegnere elettronico già dell'Aeronautica militare americana, aveva fatto una donazione al St.Jude ma non era stato sorteggiato. Beh, è stato pescato un suo carissimo amico che ha poi rinunciato cedendogli il biglietto dorato della fabbrica di cioccolato di Willy Wonka Musk. Prima di accettare ha comunque chiesto il permesso alla moglie. Accordato.

Il personaggio che ha più bucato gli schermi (copertina di Time compresa) è tuttavia la giovane e bionda Hawley che è paramedico proprio al St.Jude dove ha scelto espressamente di lavorare. Il motivo è semplice: lei stessa, da bambina, è stata lì ricoverata che un tumore alle ossa superato con una protesi al titanio nella gamba sisnistra. E nessuno è mai andato nello spazio con una gamba così martoriata dalle cicatrici ma comunque recuperata all'uso, tanto che la giovane americana ha scalato senza problemi una montagna innevata durante l'addestramento. Per non dire di come ha superato i durissimi 8G (positivi, ovvero 8 volte il peso del suo corpo che la schiacciava sul suggiolino) incassati in una sola virata con un jet sempre durante le fasi di preparazione: lo stesso asso Isaacman è restato strabiliato. Ed è stato il St.Jude a proporla ad Isaacman quale esempio di persona che lotta per superare i limiti che la vita le ha imposto. Già quando era in cura la ragazzina di 12 anni faceva la volontaria al St.Jude: era "addetta ai sorrisi" che non le mancavano mai. Andava di persona, nonostante l'affaticamento causato dalle terapie, a ringraziare i donatori di sangue e plasma che permettevano a lei e agli altri piccoli ricoverati di guarire.

Stringe il cuore vedere, nella docuserie Netflix, le sue foto senza capelli, falciati dalla chemio, a 11 anni, stesa nel letto d'ospedale circondato da mille flebo. E sempre sorridente, però. Poi il cuore si allarga quando la si vede adesso al settimo cielo e oltre con la tuta da astronauta prontissima al decollo dopo avere sconfitto il cancro ed essersi messa al servizio di chi sta soffrendo come ha sofferto lei.  Di ispirazione lei ne dà davvero tanta.

Paolo Ricci Bitti


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Settembre 2021, 21:48
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