Gianluca Grignani: «Alla fine pensavo di dover morire per essere capito. Le critiche? Ho superato ben altro»

Parla il cantautore, che ieri ha presentato la sua “Quando ti manca il fiato”: «È un brano che mi mette di fronte a me stesso, non riesco a controllarlo»

Grignani: «Alla fine pensavo di dover morire per essere capito. Le critiche? Ho superato ben altro»

di Mattia Marzi

C’è stato un momento, racconta lui, in cui si è sentito messo ai margini del mondo dello spettacolo. Emarginato lo è stato davvero, in fondo: erano otto anni che Gianluca Grignani non veniva preso in gara al Festival di Sanremo, l’appuntamento più importante dell’industria discografica. L’ultima volta nel 2015, con Sogni infranti. Poi l’anno scorso il rocker milanese - al quale la Siae ha consegnato ieri una targa per il trentennale della prima canzone depositata - fu “riabilitato”, se così si può dire, da Irama, che lo volle al suo fianco nella serata dei duetti per La mia storia tra le dita.

È stato Amadeus il primo direttore artistico che è tornato a credere in lui dopo tutto questo tempo: «Nella vita ho imparato tante lezioni e continuo a impararle. Forse la più importante è che per vivere, per andare avanti, devi metterti in condizione di difficoltà», racconta lui. Che ieri sera ha emozionato la platea – e gli spettatori a casa – portando a 50 anni sul palco dell’Ariston “Quando ti manca il fiato”, sul turbolento rapporto con il padre, che se ne andò di casa quando Grignani aveva solo 18 anni, facendosi una nuova famiglia. «L’ho scritta più di dieci anni fa, dopo aver ricevuto una sua telefonata. Mi diceva: “Ma quando accadrà, tu verrai o no al mio funerale?”».

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Quanto è stato difficile per un rocker come lei mettersi a nudo così?
«Parecchio. La canzone mi crea una sensazione diversa ogni volta e questo mi stranisce. Non riesco a controllarla. Mi mette di fronte a me stesso».

Ha fatto ascoltare la canzone a suo padre, prima del passaggio in tv?
«Solamente ieri, all’ultimo. E non direttamente. Ho chiesto al mio fratellastro, nato da un’altra relazione, di fargli avere il testo. Non so quale sia stata la sua reazione. Vive in Ungheria e non lo vedo da non so più quanti anni».

I suoi figli, invece, da quanto non li vede?
«La più grande ha 18 anni e vive con me. Per stare vicino agli altri (dopo la separazione del 2020 dalla moglie Francesca Dall’Olio, ndr) ho preso casa a un chilometro e mezzo da dove vivono loro. Li vedo poco, ma ci sono sempre».

 

Grandi successi, guai giudiziari, apparizioni pubbliche da dimenticare: chi è Gianluca Grignani a 50 anni?
«Uno al quale non frega una mazza del passato.

Ho amici e colleghi che si guardano indietro e dicono: “Cavolo, non ho fatto quello che potevo fare”. Io sono schietto, diretto. E se sono così, è perché ho una storia da raccontare. Altri non hanno niente da dire».

Le critiche ricevute l’anno scorso dopo il passaggio a Sanremo, legate al suo aspetto fisico, quanto l’hanno ferita?
«Per niente. Ho letto tutto una settimana dopo. Hanno detto che ero gonfio: vero, avevo preso il cortisone per un abbassamento della voce. E Irama mi ha chiamato come ospite all’ultimo. Alla fine si è parlato solo di me, però: è come se il Festival lo avessi vinto io (ride)».

Anche quest’anno c’è chi ci è andato giù pesantemente sui social nei suoi confronti, ancor prima della performance.
«Ma mi vede? Le sembro uno che si fa toccare dalle critiche? Ho superato ben altro. Tornando a quando mi sono sentito ai margini del mondo dello spettacolo, ad un certo punto ho pensato di dover morire per essere compreso».

Addirittura?
«Sì. Non mi sentivo abbastanza considerato, come la mia musica. Pensai: se questo è il mio karma, lo accetto».

Mai pensato a gesti estremi?
«Quello mai. Forse da ragazzino quando ascoltavo i Doors l’autodistruzione mi affascinava: ma tra il dire e il fare…».

Gianluca Grignani è un ingestibile?
«No. Semplicemente: per capirmi bisogna essere bravi davvero. L’unica che si è dimostrata in grado di farlo è lei (indica la manager e rappresentante legale della sua etichetta Falco a Metà, Angela Spagnuolo, ndr). Peccato ci abbia messo 25 anni per trovarla».

Le è mai capitato, negli anni, di sentirsi sfruttato, spremuto?
«Sì. Tante volte».

E di essere trattato come un fenomeno?
«Pure. Ma chi mi ha trattato come un fenomeno ha sempre fatto un errore tremendo. Le mie reazioni erano due: o lasciavo correre o alzavo le mani».

E le ha mai alzate?
«Non glielo posso dire. Ma è come se le avessi detto tutto (ride)».

È vero che sta scrivendo un’autobiografia?
«L’ho scritta già. Uscirà a breve. Non posso rivelare ancora né il titolo né la data di pubblicazione. Conterrà poesie e racconti. Compreso quello che ha ispirato il monologo dell’anno scorso a Le Iene (parlava della sua lotta contro le dipendenze, ndr). E nel cassetto ho anche tre dischi di inediti. Deciderò io quando farli uscire: oggi sono padrone di me stesso».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 8 Febbraio 2023, 10:24
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