Archeologia, Barbara Davidde dirige il patrimonio subacqueo: «Visite sott'acqua? Con pinne e tablet»

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di Laura Larcan

Muta, bombole, pinne, quando l’ufficio è una questione di tuffi e immersioni. Barbara Davidde, romana dell’Eur, classe ‘65, una lunga carriera all’Istituto centrale per il Restauro, è stata nominata Soprintendente nazionale al patrimonio subacqueo, istituzione nuova, a lungo attesa, frutto della riforma dei Beni culturali. Dopo l’incontro con il ministro Dario Franceschini, la Davidde si insedia oggi a Taranto, da cui parte la sua impresa di «salvare e valorizzare il patrimonio culturale sommerso».

Un'archeologa italiana salverà il patrimonio subacqueo mondiale: Barbara Davidde nel team dell'Unesco

Una sfida non da poco. Di quanto (e quale) patrimonio parliamo concretamente?

«Si tratta di 8000 chilometri di costa, per una estensione in mare dalla battigia alle 24 miglia - racconta - I beni sommersi sono costituiti sia da relitti che da strutture costiere, per esempio ville marittime, moli di porti, banchine, peschiere. Ma il patrimonio culturale subacqueo comprende anche quello conservato nei fondali di laghi, fiumi, ipogei...».

Insomma, la conta è “abissale” per rimanere in tema. La sua nomina arriva in un anno particolare, con l’emergenza Covid, ma quali sono i progetti più concreti per il 2021?

«La situazione contingente condizionerà sicuramente le prime attività sul campo di questo ufficio che oltre a Taranto ha due sedi operative a Napoli e a Venezia. Il primo grande progetto che inizieremo a realizzare subito perché gode di un finanziamento del Mibact è la creazione di un parco digitale subacqueo sul relitto dei sarcofagi di San Pietro in Bevagna presso Taranto. Un intervento di cui sono progettista. Il relitto sarà oggetto di un programma di attività di valorizzazione e ricerca ad alto contenuto tecnologico con internet subacqueo».

In cosa consisterà?

«Sarà realizzato un percorso di visita subacquea con tablet, che permetterà anche la visione del sito in realtà aumentata. Il relitto di San Pietro in Bevagna, come già alcuni monumenti di Baia sommersa in Campania e il porto romano di Egnazia a Brindisi, sarà quindi il terzo parco digitale italiano».

Tornando ai progetti, quali sono i primi obiettivi?

«Innanzitutto riprendere e coordinare il censimento e la catalogazione di tutto il patrimonio culturale subacqueo del nostro Paese. Con i colleghi di Sardegna, Liguria, Lazio, Taranto, Napoli e Venezia valuteremo i siti più interessanti dove attivare le indagini».

Qualche esempio di contesto che vorrebbe “svelare”?

«Penso al patrimonio sommerso calabrese. Con il progetto Musas 2 e la Soprintendenza di Reggio Calabria punteremo a indagare la costa di Roccelletta Ionica e le strutture sommerse dell’antica Scolacium, nonché i possibili resti di strutture portuali a Portigliola a Locri».

E nel Mar Tirreno, che tanto spesso restituisce anfore e relitti millenari?

«Penso a un grande progetto dedicato alle coste del Lazio per conservare e valorizzare i siti sommersi lungo la Riviera di Ulisse e nelle Isole Pontine. L’avevamo messo a punto già all’Icr, insieme alla Soprintendenza e partner locali, e ora è in fase di valutazione presso la Regione Lazio.

Il progetto si propone di valorizzare attraverso tecnologie digitali alcuni siti archeologici sommersi, da San Felice Circeo a Sperlonga, toccando Ventotene e Ponza».

Lei è stata eletta nel consiglio tecnico scientifico dell’Unesco per il patrimonio subacqueo. Pensa alla “sua” soprintendenza anche in termini internazionali?

«Voglio attivare collaborazioni con varie istituzioni internazionali. Per esempio, sotto l’egida dell’Unesco un importante progetto ci vede al fianco della Tunisia, della Francia e altri Paesi del Mediterraneo per realizzare un piano di studio e protezione del patrimonio subacqueo degli alti fondali di Skerki Bank, nello Stretto di Sicilia».

Il suo nome è legato a tecniche d’avanguardia per il restauro subacqueo in situ, con cui ha fatto risplendere le ville marittime di Baia, gioiello dell’area marina dei Campi Flegrei, una sorta di Atlantide del Mediterraneo. Quali altri progetti vuole avviare ora?

«Certamente userò la mia esperienza anche in questo mio nuovo ruolo. Insieme al direttore dell’Icr Luigi Ficacci abbiamo deciso di attivare una collaborazione per la formazione degli allievi alla disciplina archeologica subacquea, con attività di conservazione e restauro di manufatti archeologici nell’ambito dei corsi di formazione di Roma e Matera».

Qual è il contesto marino che più la suggestiona e a cui vorrebbe legare il suo nome?

«Il sito sommerso al quale mi sento più legata e alla quale vorrei legare il mio nome è Baia sommersa. Qui ho lavorato negli ultimi vent’anni e insieme al Parco Archeologico dei Campi Flegrei ho progetti di ricerca in corso per raccontare i monumenti sommersi nell’Area Marina Protetta».

Esiste un “tesoro” che sta cercando o che vorrebbe trovare?

«Più che tesori, preferirei parlare di testimonianza del passato. Adesso che dirigo questa Soprintendenza vorrei approfondire il tema dello sviluppo e dell’utilizzo delle nuove tecnologie per la ricerca archeologica subacquea, per la documentazione dei siti sommersi e per la loro valorizzazione».

E se le chiedessi qual è la sua Atlantide?

«La mia Atlantide è in assoluto la conoscenza, lo studio e la protezione dei siti archeologici sommersi negli alti fondali. La sfida futura per gli archeologi subacquei».

Che rapporti avrà con la storica soprintendenza siciliana del Mare, fino ad oggi unica istituzione specialistica sul patrimonio subacqueo?

«Quando ero all’Icr abbiamo collaborato per la conservazione in situ dei cannoni di Cala Spalmatore a Marettimo e con il restauro del rostro e dell’elmo delle Egadi. Sono sicura che ora potremo avviare ancora di più una forte sinergia per il patrimonio subacqueo siciliano e nazionale».

Di quante risorse (economiche e umane) sarà dotata la sua Soprintendenza?

«So che appena usciranno i bandi finanziati dalla comunità europea o dal Mibact presenterò proposte progettuali: è importante avere i progetti pronti nel cassetto. Per quanto riguarda il personale, per ora la Soprintendenza può contare su 47 persone tra funzionari, personale tecnico e di vigilanza. Per quanto riguarda i subacquei, siamo un’archeologa subacquea, io, e un funzionario restauratore, con laurea in archeologia».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Gennaio 2021, 13:22
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