Banda albanese: furti per 2 milioni

Banda albanese: furti per 2 milioni
LE INDAGINIL'INCHIESTA
«Compulsivi criminali». Così il gip Rodolfo Piccin ha definito i tre imprenditori dei furti finiti in carcere lo scorso 21 febbraio. Tre «malavitosi disoccupati che all'evidenza traggono dai furti il necessario al loro sostentamento» e da cui è «ragionevole attendersi» una nuova raffica di colpi se fossero rimessi in libertà. È così che il giudice, nell'ordinanza notificata ieri, giustifica le esigenze di custodia cautelare in carcere per Darjel Prushi, 26 anni, Edmond Et Hemaj, detto Mondi, 34 anni, imbianchino di Conegliano, Nikoll Dobrozi, detto Niku, 26 anni, domiciliato a Treviso. I tre avevano base in via Kennedy 13 a Conegliano. Il provvedimento riguarda altri 33 colpi risolti dalla Squadra Mobile di Pordenone nel giro di poche settimane. Incastrando i riferimenti contenuti nelle denunce di furto e nelle conversazioni intercettate nell'auto dei ladri, è stato possibile attribuire alla batteria albanese ben 66 episodi commessi tra novembre e febbraio in ville e appartamenti.
I RAID
Le scorribande tra Conegliano, Sacile e Pordenone hanno fruttato qualcosa come 2 milioni di euro tra gioielli, orologi e lingotti d'oro. Parte del tesoro trafugato è finito in Albania con viaggia in corriera per non destare sospetti, forse il ricavato della vendita è stato investito in immobili. Nel blitz dello scorso febbraio i poliziotti avevano recuperato parecchia refurtiva. Le indagini hanno trovato nuovi impulsi grazie ai derubati che hanno riconosciuto i propri oggetti dalle fotografie pubblicate da giornali e siti internet. Il solo sito della Questura ha avuto 30mila visualizzazioni. C'è chi ha riconosciuto l'anello ereditato dalla bisnonna, chi orecchini e ciondoli regalati in occasioni speciali. Parecchia refurtiva è stata restituita. «Erano oggetti preziosi, di inestimabile valore affettivo - osserva il questore Marco Odorisio - che stavano per essere portati in Albania in corriera. C'è ancora molto da recuperare. E ci sono tre pistole che devono ancora essere ritrovate». Sono una Sig Sauer 45 e una Walther 9x21 con i relativi caricatori (200 cartucce contenevano) sparite il 21 gennaio da una cassaforte trafugata a Sacile; un revolver Smith&Wesson calibro 38 rubato da un armadio blindato portato via il 27 dicembre in via Colombo a Pordenone. Restituire i monili d'oro recuperati è stata un'enorme gratificazione per gli investigatori. «Era una batteria transnazionale - ha rilevato il questore riferendosi ai tre albanesi - È stata data una risposta alla città: questa è sicurezza reale. Non escludiamo di poter recuperare ulteriore refurtiva».
LE INTERCETTAZIONI
Il gip - da cui i tre indagati adesso dovranno sfilare con gli avvocati Maurizio Mazzarella, Guido Galletti e Antonio Buondonno per gli interrogatori di garanzia - ha avuto bisogno di 113 pagine per sviluppare la sua ordinanza, concludendo che i «delitti consumati sono sintomo che gli indagati non sono capaci di governare le loro inclinazioni criminali». Lo si comprende dai brogliacci delle intercettazioni ambientali e telefoniche, dalle battute che si scambiano, dai ricordi che emergono mentre aspettano che faccia buio per poter entrare nelle case. Raccontano di faccia a faccia con i derubati, di casseforti sventrate, dei grammi di oro rubati in quella e quell'altra casa. Carabinieri e poliziotti vengono definiti i neri e i blu. Si programmano i colpi in giornate particolari: ad esempio San Valentino, perché la gente esce, o quando piove perché non si sentono i rumori. Il 6 febbraio, in via Portogruaro a Pordenone, rubato a un connazionale. Et Hemaj rimprovera Dobrozi: «Gli rubi al povero albanese?». «Che dovevo fare Mondi?», risponde l'altro. Ma più tardi, quando Prushi gli dice che nella casa dell'albanese hanno trovato due fedi nuziali e una collana da donna, il connazionale non gli fa più pena. Anzi, in zona ha adocchiato un'altra villa. «Speriamo Mondi che ti riprendi con la gamba, così andiamo a fare quella villa per San Valentino», gli dice Dobrozi. Il riferimento è all'infortunio che impedisce a Et Hemaj di correre, visto che la notte del 14 gennaio a San Fior, quando il padrone di casa lo ha sorpreso durante un furto, ha saltato da sei metri rompendosi il malleolo. In ospedale disse: «Mi sono infortunato al lavoro».
Cristina Antonutti
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Maggio 2019, 14:40
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