Valeria Arnaldi
Le immagini delle terapie intensive affollate da pazienti Covid

Valeria Arnaldi
Le immagini delle terapie intensive affollate da pazienti Covid sono ben vive nella memoria collettiva. I numeri dei ricoveri oggi sono sensibilmente diversi e in costante calo. La battaglia contro il virus sembra a una svolta.
Professor Massimo Antonelli, direttore del dipartimento di Anestesia e Rianimazione del Policlinico Gemelli Irccs di Roma, già membro Cts, come è la situazione oggi in terapia intensiva?
«Da due mesi e mezzo, i numeri sono sempre più ridotti. Nei mesi passati, siamo arrivati ad avere in contemporanea 82/84 malati di Covid, e circa cento soggetti complessivamente in terapia intensiva. Adesso ho 18 pazienti Covid e operiamo come hub, quindi tendiamo a concentrare qui i malati Covid per aiutare altri ospedali a chiudere le sezioni dedicate».
Come è stato gestire la terapia intensiva nelle prime fasi della pandemia?
«Abbiamo avuto uno sfasamento di circa due settimane rispetto al Nord e ci ha consentito di prepararci meglio. Abbiamo riconvertito una struttura, la Columbus per accogliere i pazienti Covid. I numeri erano molti alti e non bastava creare posti letto. Dovevamo trovare i materiali necessari in un momento in cui, con l'esplosione della pandemia, c'era una corsa a livello mondiale per averli. E serviva più personale. Abbiamo messo a contratto specializzandi di terzo, quarto, quinto anno: hanno imparato sul campo».
E dal punto di vista emotivo?
«Lo sforzo emotivo è stato grandissimo. L'impatto più forte è stato non poter agire umanamente come facciamo di solito. Tutte le comunicazioni tra paziente e parenti e le nostre con familiari avvenivano tramite telefono. Abbiamo dovuto comunicare così, solo con la voce, la morte di congiunti, anche giovani. Di tutto questo portiamo ancora i segni. All'inizio, inoltre, avevamo paura: senza vaccini, avevamo il timore di contagiare i familiari. Io per due mesi e mezzo non ho dormito con mia moglie».
Mentre affrontava questa battaglia, nel Paese si levavano voci di negazionisti.
«Era assurdo ascoltarle mentre eri lì a combattere per far sopravvivere delle persone. Alcuni negazionisti li ho curati, sono usciti chiedendo scusa. Ricordo un militare, giovane, in rianimazione con una grave insufficienza respiratoria, che poi ci ha confessato di essere un negazionista e di non aver seguito nessuna delle raccomandazioni».
Teme nuove ondate?
«È di questi giorni la segnalazione che in India la variante Delta Plus si sta diffondendo sempre più. Il timore che possa esserci una ripresa nel nostro Paese c'è, ma ci sentiamo più tranquilli di prima, anche se non completamente. La ripresa di tutte le attività, inevitabilmente, farà circolare di più il virus e ci sono ancora da vaccinare giovani e molti over60. È facile che a settembre/ottobre i ricoveri aumentino ma escludo ondate come quelle passate, i vaccini faranno una grande differenza».
Alcune varianti sembrano resistenti.
«Ciò non significa che i vaccini non siano efficaci. Mi sono vaccinato a dicembre. Ad aprile, sono risultato positivo a un controllo. Sono tornato negativo in una settimana, senza aver avuto sintomi e senza aver contagiato i familiari. Il vaccino ci consente di vivere una vita tutto sommato normale, ma un po' di prudenza è sempre raccomandabile. D'altronde, non si riuscirà a vaccinare tutta la popolazione mondiale entro fine 2021, occorreranno 2/3 anni, e ci sono aree nelle quali la situazioni è ancora critica».
Quando si guarda intorno cosa la fa adirare maggiormente?
«L'arroganza di chi ritiene che certe misure siano inutili. Ho litigato perfino in strada per questo motivo. Un signore era in fila, davanti a un negozio, senza mascherina, e quando è stato invitato a metterla, ha inveito contro di noi che la portavamo, dicendo che ci vogliono mettere i piedi in testa e che bisognerebbe ribellarsi. Purtroppo, ci sono persone così».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 24 Giugno 2021, 05:01
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