Un concentrato di mondo in fuga dalla morte a bordo di un aereo. Una manciata di
I protagonisti della serie sono diversissimi per religione, lingua, ceto, professione: sembra un esperimento sociale sul confronto tra culture diverse...
«È una strizzata d'occhio alla comunità europea, alla sua babele di lingue, alle differenti posizioni che si prendono: c'è chi si unisce agli altri per risolvere i problemi e chi invece vuole primeggiare».
Molti l'hanno vista proprio mentre erano costretti a casa.
«C'è sicuramente una relazione tra il racconto e la pandemia, naturalmente non cercata, visto che abbiamo finito la serie nel 2019. Era previsto che arrivasse a maggio, ma ci siamo chiesti se fosse il caso di farla uscire durante il lockdown: forse il pubblico aveva bisogno di qualcosa di più tranquillo. Invece la visione di storie apocalittiche sulle piattaforme è triplicata nelle settimane dell'emergenza».
Come ha vissuto il set, così insolitamente internazionale?
«Non avevo mai sperimentato una situazione così, si parlava fiammingo, turco, francese, inglese, russo, arabo, ma per me è stato facile. Trovo più semplice recitare in lingue diverse dalla mia: è come se mi permettesse di uscire più facilmente da me stesso e mi fa sentire sempre nuovo, come un principiante. Consiglio a tutti i giovani attori di mettersi in gioco con lingue diverse».
C'è un sottotesto ambientalista. Lei come vede il momento che stiamo vivendo?
«La natura ci ha mandato un grande messaggio, ci ha detto che non possiamo andare avanti con questo livello di inquinamento. Penso sia una grande occasione, non vedo quale potrebbe essere un momento migliore per cambiare rotta».
In che modo la sua vita e il suo lavoro sono stati sospesi dalla pandemia?
«Sono stato fortunato perché il lockdown mi ha colto in Martinica, dove mi trovavo per un viaggio previsto da tempo, ma ho due film francesi in pausa che spero di riprendere presto».
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Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Giugno 2020, 05:01
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