Troppi colpi di testa in carriera Calciatori a rischio demenza

Mario Fabbroni
Per un ex calciatore professionista le parole da incubo sono tre: Alzheimer, Sla e Parkinson. Sono infatti le malattie neurodegenerative più a rischio per chi ha calcato i campi da gioco, addirittura la possibilità di ammalarsi sono triplicate rispetto a chi fa un qualunque altro mestiere.
Ma ora si aggiunge anche il serissimo pericolo di soffrire di demenza, a causa dei colpi di testa. L'impatto dei ripetuti colpi alla testa effettuati soprattutto da attaccanti e difensori nel corso di tutta la carriera sportiva sarebbe quindi determinante. Compresi quelli che non danno sintomi evidenti.
La ricerca è stata condotta su oltre settemila ex-calciatori professionisti scozzesi nati tra il 1900 e 1976: i loro dati sono stati poi messi a confronto con quelli della popolazione generale riguardo le cause di mortalità e l'uso di farmaci anti-demenza. È così emersa una mortalità media 3,5 volte più alta per malattie neurodegenerative (1,7% contro lo 0,5%), un aumento di 5 volte maggiore dell'Alzheimer, 4 volte per le malattie del motoneurone (tra cui la Sla) e doppio per il Parkinson.
Il rischio deriverebbe non dai colpi forti presi alla testa ma dal conto totale degli impatti accumulati nella carriera. Un dato che accomuna i calciatori professionisti, così come i giocatori di football americano, oggetto di un altro studio dei Centers for diseases control.
Un giocatore colpisce la palla con la testa in media 6-12 volte a partita (ma in allenamento molto di più), il che significa migliaia di volte nell'arco della carriera. Il tasso di mortalità sembrerebbe essere lo stesso tra portieri o terzini, mentre il consumo di farmaci contro la demenza è minore per chi sta in porta.
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Ottobre 2019, 05:01
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