Stefania Cigarini
Il lungo abbraccio con i familiari, appena sbarcata a Ciampino,

Stefania Cigarini Il lungo abbraccio con i familiari, appena sbarcata a Ciampino,
Stefania Cigarini
Il lungo abbraccio con i familiari, appena sbarcata a Ciampino, ieri alle 14, ha messo la parola fine al rapimento di Silvia Romano, cooperante 25enne sequestrata 18 mesi fa in Kenya e liberata sabato scorso alla periferia di Mogadiscio, in Somalia. «Sto bene per fortuna, fisicamente e mentalmente, ora voglio stare solo con la mia famiglia», ha detto al premier Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che l'hanno accolta e salutata con un tocco di gomito anti-Covid.
Mascherina, guanti protettivi (dovrà fare la quarantena) e indosso la jilbab abito tradizionale delle donne somale musulmane, Silvia è poi stata scortata nella caserma dei carabinieri del Ros per essere ascoltata dal pubblico ministro Sergio Colaiocco, della Procura di Roma, che ha aperto una indagine per rapimento a scopo di terrorismo. Tanti sono i punti da chiarire.
IL RISCATTO - Non confermato ufficialmente, fonti vicine al ministero degli Esteri somalo parlano di 4 milioni di euro, fonti somale dell'AdnKronos riferiscono di 1,5 milioni di euro, ripartiti tra mediatori e carcerieri del gruppo fondamentalisti di Al Shabad. Per il premier Conte, salvare la vita ai connazionali è priorità assoluta, così come è sempre avvenuto, pagando, nelle vicende analoghe.
LA CONVERSIONE - Dopo le incertezze delle prime ore, sarebbe stata proprio Silvia a confermare: «Mi sono convertita all'Islam, è stata una mia libera scelta avvenuta a metà della prigionia» spiegando di non aver subito violenze, né di essere stata forzata ad un matrimonio, di essere stata trattata bene. Gli 007 somali, che stanno a loro volta indagando in loco, avrebbero avvalorato questa versione nelle ore immediate dopo la liberazione. Su questa voce non c'è ufficialità. I social si sono scatenati sul tema di una possibile gravidanza.
LA VICENDA - Silvia era stata rapita il 20 novembre 2018 nel villaggio di Chakama (80 km da Nairobi) dove seguiva, per conto della onlus marchigiana Africa Milele, un progetto si sostegno in un orfanotrofio locale. Ceduta quasi subito dai rapitori (otto in tutto, tre in carcere) ai fondamentalisti di Al Shabad, avrebbe vissuto il resto della prigionia in quattro differenti covi, con gli stessi carcerieri, sempre a volto coperto. «Mi hanno promesso di non uccidermi e così è stato» ha detto al pm. A liberarla una azione congiunta dei servizi di intelligence italiani, somali, turchi.
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 11 Maggio 2020, 05:01
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