Spike Lee e l'afro infiltrato nel Ku Klux Klan

Spike Lee e l'afro infiltrato nel Ku Klux Klan
Michela Greco
CANNES «Questo film andava fatto per dare una speranza alla gente, per dire che le cose possono cambiare. BlacKkKlansman non vuole dare una risposta, ma creare una discussione sul razzismo, un problema mondiale». Presentato in concorso al festival di Cannes, l'atteso nuovo film di Spike Lee è il potente gesto artistico e politico di un cineasta che si è sempre battuto per i diritti dei neri. Tra i titoli più apprezzati finora sulla Croisette, BlacKkKlansman è ispirato alla storia vera di Ron Stallworth, agente di polizia afroamericano che, negli anni 70, si infiltrò nel Ku Klux Klan. Sullo schermo diventa la parabola - drammatica ed esilarante insieme - di un'America ottusamente razzista e di un gruppetto di uomini che sono stati capaci di mettere all'angolo i suprematisti bianchi.
Interpretato meravigliosamente da John David Washington, Stallworth contatta telefonicamente la sede locale del KKK e chiede di iscriversi. Dall'altro lato del telefono nessuno sa che a fare la richiesta è un nero e il desiderio di fare proseliti prevale sul sospetto. Al momento di presentarsi di persona è il collega bianco ed ebreo Flip Zimmerman (Adam Driver), a recitare la parte dell'agente Stallworth. Ne esce un'indagine surreale e a tratti divertentissima, con i due agenti che uno a voce e l'altro di persona riescono a conquistare la fiducia dei vertici dell'organizzazione mentre, cercando di incastrarli, mostrano quanto sono ridicoli. Spike Lee ritrova con BlacKkKlansman lo smalto degli inizi e propone un discorso fortemente politico e tremendamente riuscito dal punto di vista narrativo e visivo: nel film si mescolano Via col vento e Nascita di una nazione, i riferimenti all'America first e great e le scioccanti immagini di repertorio dei fatti dell'agosto 2017.
«Mentre stavo girando, la scorsa estate ha detto Lee - alla Cnn ho visto quello che era successo alla manifestazione di Charlottesville, gli scontri tra Ku Klux Klan e antirazzisti che hanno provocato tanti feriti e una vittima: l'antirazzista 32enne Heather Heyer». Quelle sequenze, sul finale, entrano a far parte del film, attribuendogli la forza di una storia che usa abilmente la finzione per parlare della realtà. «Ho avuto quelle immagini chiedendo il permesso alla madre della vittima ha spiegato il regista - Anche in quell'occasione quel figlio di... (ha detto riferendosi a Donald Trump, ndr) non ha preso posizione. Quella scena dell'investimento a Charlottesville è orribile, dura, ma andava messa nel film». E se BlacKkKlansman è l'affresco di una certa America, Lee non è tenero nemmeno con l'Europa: «Non è che voi siate messi meglio - ha detto - basti pensare a come trattate arabi e migranti. Il razzismo è un fenomeno mondiale e questo film vuole solo far aprire gli occhi alla gente».
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 16 Maggio 2018, 05:01
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