«Rick Rubin mi ha messo a nudo: a lui piacciono i miei difetti Provo ad essere cinico, ma il pensiero positivo vince sempre»

«Rick Rubin mi ha messo a nudo: a lui piacciono i miei difetti Provo ad essere cinico, ma il pensiero positivo vince sempre»
Alvaro Moretti
Inviato a Milano
Ascoltate Oh, Vita! e anche il suo punto esclamativo e vi troverete a remare controcorrente, va contromano: questo cavolo di Lorenzo Jovanotti continua a far marciare la sua musica in direzione ostinatamente contraria al malmostoso maistream degli incazzati, dei lugubri, degli infelici, dei rabbiosi. Nel disco nuovo, presentato ieri a Milano c'è di tutto, con tutte le sottrazioni stilistiche possibili ad opera del guru producer Rick Rubin da Malibù, California. Ecco, magari è anche questo: il Nirvana di lavorare conchi ha plasmato Eminem e Shakira, inventato il rap e prodotto Red Hot Chili Peppers. Ma in questo Jovanotti c'è sempre e comunque il pensiero positivo di un grande italiano in trasformazione.
Lorenzo, Jova e tutti e due: ma proprio non riesci a non pensare positivo, tu?
«No, ma non è colpa mia (ride, ndr). Il penso positivo è lui che non mi abbandona anche quando provo ad essere realisto, un po' cinico come il mondo, lui esce fuori. È il mio modo si stare al mondo: la speranza nelle canzoni è troppo importante per me».
Disco, libro (più un almanacco con diario e scritti e disegni e creazioni di poeti, scrittori, cantanti, ndr), film e un negozio temporaneo a Milano: Lorenzo start up vivente.
«Una definizione che mi piace, questa. Mi piace che non ci siano cose confermate fino in fondo. Ma tutto parte dalle canzoni. Senza loro il resto non esisterebbe. La canzone non sarà mai una conseguenza, sempre l'origine: è un oggetto magico e misterioso. Non so come arrivano i pezzi, non so come si arriva in fondo, cosa c'è dietro un successo. Fare un disco è imparare a fare quel disco lì. Che succede ora, di fronte a Jova di 51 anni. Ci sono cose che finiscono dentro i cd senza dirmelo».
Un disco assai cantautorale: una svolta per l'ex dj.
«Io avevo soggezione per l'idea di cantautore. Ero un dj, li tenevo a distanza. Dalla (che dedica per Lucio in Oh,Vita!, ndr) era fantastico con me. E De Andrè le due volte che l'ho incontrato è stato affettuoso con me. Mio fratello li ascoltava tanto, io però partivo dalla musica che faceva ballare la gente. E inserire dei meme, cose memorizzabili, cartoline...»
Meme?
«Sì, inserire immagini che facevano scaturire emozioni. Poi è arrivato l'approccio narrativo. Qui i testi sono più importanti: Rick Rubin ha voluto farmi fare un disco nudo, costruito attorno alla mia voce, proprio quello che altri non si aspettano. A Rubin piacevo così, difettoso. Lui è come il medico che alla visita ti dice: si spogli e poi non ti visita. Mi diceva: il problema eranoi vestiti. In Oh, Vita! destabilizzo con tutta la verità, compresa questa S che striscia. Rick mi ha dato coraggio di presentare canzoni senza trucchi. Un giorno mi fa: questo disco non è showbusiness, facciamo l'arte dai».
Spirito scout: esploratore con speranze.
«Lo sono stato qualche anno da ragazzino, mio fratello per anni e quello spirito in casa si respirava: esploratori. Era educazione alla libertà, una di quelle parole a cui bisogno soffiare vita ogni giorno. è stata bandiera di comunisti e democristiani, partito di Berlusconi.
Trap, rap, indie: chi segue?
«A me piacciono gli individui, non i movimenti: mi piace qualcosa della trap, Ghali, nell'indie (Vasco Brondi scrive in Sbam, il libro, ndr). Però è un momento bello in Italia, sta tornando una musica che non piace ai genitori. E che ti dicono: ma che ascolti. La trap è fatta per non piacermi: ed è positivo. Anche se poi mi piace, so' Jovanotti, il dj in fondo».
Come chiamarti Lorenzo, Jovanotti o un simbolo come scelse Prince?
«Che citazione. Lui è king, più che Prince: infilava tutto nella musica, tutto aveva un senso. Il sesso e la religione: doveva chiamarsi king».
Nel video di Oh,Vita! un tributo al Jovanotti romano, la casa al Vaticano.
«Non è stato struggente tornare lì, le cose vanno avanti. Ma dalla finestra vedevo il Cupolone e i mille bus e milioni di pellegrini ad ogni ora, il mondo sfilava sotto di me e mi cambiava la visione. Eppoi la messa sul sagrato, una domenica a 8 anni dissi a mia sorella che avevao capito: volevo fare il Papa. Poi ho cambiato idea. E ora apro un ciclo nuovo. Senza orgoglio, con allegria. Ci sta».

Ultimo aggiornamento: Venerdì 1 Dicembre 2017, 05:01
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