POLVERE DI 5STELLE

Alessandra Severini
Ridotto a percentuali insignificanti il Movimento 5Stelle esce con le ossa rotte dalla tornata elettorale in Emilia Romagna e Calabria. A Sud addirittura con un risultato del 6,2%, il Movimento non entra neanche in Consiglio regionale. E conta poco che il reggente Vito Crimi sottolinei che «i rapporti di forza nel governo non cambiano» e faccia appello all'unità.
Al M5s manca una guida chiara, fra i parlamentari regna l'incertezza e i provvedimenti bandiera su cui si è tanto insistito non hanno dato il consenso sperato. Basta pensare che la Calabria è fra le regioni in cui più alto è il numero di percettori del reddito di cittadinanza. L'ex capo politico pentastellato, Luigi Di Maio, non ha speso neppure una parola sulla débacle, ma in molti mettono sotto accusa la sua gestione del partito. Il timore è che il Pd prenda in mano le redini del governo e il Movimento, impreparato e confuso, non riesca a reagire avviandosi all'irrilevanza. «La riorganizzazione andava fatta circa tre anni fa - scrive su Facebook Fabio Berardini, deputato M5s -. Rischiamo di aver chiuso la stalla quando sono scappati i buoi e questa è responsabilità di chi avrebbe dovuto intervenire». Un altro deputato, Sergio Battelli parla di un disastro alle ultime elezioni regionali: «La colpa è unicamente nostra e mi sono davvero rotto le scatole di guardarmi attorno e vedere solo autoreferenzialità».
Agli Stati generali di marzo il Movimento arriverà diviso. Da un lato il fronte guidato da ministri come Stefano Patuanelli e Federico D'Incà, sostenuto da Roberto Fico e da Beppe Grillo, che lavora affinché i 5Stelle inizino un percorso di avvicinamento al mondo del progressismo riformista. Dall'altro quello dei duri e puri in cui rientrano - da competitors però - Di Maio e Di Battista, che nel frattempo respingono ogni ipotesi di alleanza e puntano tutto su una politica di lotta e sulla presunta terza via: ovvero, l'alternativa al bipolarismo.
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Ultimo aggiornamento: Martedì 28 Gennaio 2020, 05:01
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