Per Daniele un imbuto di suoni tra elettronica, orchestra e rap

Per Daniele un imbuto di suoni tra elettronica, orchestra e rap
È un imbuto sostanzioso di suoni dove confluiscono elettronica, orchestra e rap a modo suo. La terra sotto i piedi (Sony Music) è il disco numero 9 di Daniele Silvestri, che a più di 20 anni dagli esordi a Il Locale di via del Fico a Roma, suo covo artistico insieme a Gazzè e agli altri, segna una svolta artistica. Dentro si trova il suo mondo, di ieri e di oggi. Il ponte con il precedente Acrobati è esplicito in Concime, canzone da cui nasce il titolo dell'album: «Quando predicavo di essere funamboli sospesi», canta, evidenziando la voglia di osare.
Stessa cosa con la sanremese Argentovivo (con Rancore e Manuel Agnelli) con orchestra e batteria, nel duetto con Davide Shorty in Tempi Modesti, dall'inizio psichedelico, e in Qualcosa Cambia, apripista delle 14 tracce. Sette, tra cui Blitz gerontoiatrico e Complimenti ignoranti, registrate sull'isola siciliana di Favignana (in copertina) in una casa trasformata in studio. Mentre il disco è stato anticipato da tre 45 giri - Dance, Rap e Love Pack - con il violino di Rodrigo D'Erasmo, i fiati di Enrico Gabrielli e la batteria di Fabio Rondanini, le tastiere di Duilio Galioto, il sax di James Senese e la chitarra di Niccolò Fabi in Rame, insieme a The Magical Mystery Band e agli Esecutori di metallo su carta.
E poi i cori in Scusa se non piango - il cui video corto-cinematografico per la regia di Valerio Mastandrea e Giorgio Testi, pieno di amici ospiti dalla Pandolfi a Sermonti, è stato girato nel centro sociale Angelo Mai - insieme alla parte parlata del backstage («ma Tòn chi l'ha detto?», a chiusura). Un insieme di suoni messi insieme con dovizia che ne fanno, magari non subito al primo ascolto, davvero un buon disco. (R. Vec.)

Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Maggio 2019, 05:01
© RIPRODUZIONE RISERVATA