«L'omofobia in Italia è sempre più grave»

«L'omofobia in Italia è sempre più grave»
Ilaria Ravarino
ROMA - Ieri a Roma, dove resterà fino a giugno per ultimare a Cinecittà le riprese della serie tratta da Il nome della Rosa. Stasera a Torino, domani nell'amata Napoli, la prossima settimana a Sorrento per gli Incontri Internazionali del Cinema. Più che il tour promozionale di un artista, il passaggio di Rupert Everett in Italia somiglia alla tournée di una rock star. Volto modello per il personaggio di Dylan Dog («Grazie a lui il pubblico mi ama in Italia come da nessun'altra parte in Europa»), icona gay fin dagli anni 80, dopo un periodo di relativa inattività l'attore inglese tornerà al cinema da domani con The Happy Prince: un film da lui scritto, diretto e interpretato, sugli ultimi anni della vita di Oscar Wilde. «La storia di un uomo distrutto dalle istituzioni perché è omosessuale è una storia ancora moderna - ha detto ieri Everett - Oggi in India, Cina, Russia e Giamaica l'omosessualità è ancora un problema. E peggio ancora lo sta diventando anche in Italia e in Inghilterra, con l'ascesa di partiti omofobi come Lega e Ukip. Una tendenza sempre più diffusa, rischiosa e preoccupante».
Storia della vita di Wilde all'indomani della condanna per omosessualità («Volevo un Wilde diverso dalla solita icona cinematografica del genio a tutto tondo, arido e bidimensionale»), il film è stato scritto dieci anni fa da Everett come trampolino di (ri)lancio di una carriera severamente rallentata dal suo coming out. «Probabilmente se avessi provato a realizzarlo quando ancora avevo successo, ci avrei messo un attimo a trovare i soldi». Ma la sua vita professionale, a poco più di vent'anni da Il matrimonio del mio migliore amico, sta tornando finalmente a ingranare. E l'Italia è ancora una volta il paese portafortuna, con la casa di produzione Palomar coinvolta non solo nella realizzazione di The Happy Prince, ma anche in quella de Il Nome della Rosa, con Everett «nel ruolo del malvagio inquisitore». Un tipo di personaggio lontano dalla Chiesa che dice di amare («Una delle figure più carismatiche di oggi è Papa Francesco») ma in armonia con un certo tipo di decadenza spirituale capitolina: «Il mio ristorante preferito a Roma è vicino al Vaticano. È sempre pieno di preti e seminaristi. Non riesco a smettere di sorprendermi: mangiano e bevono tutti più di me».
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 11 Aprile 2018, 05:01
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