Ilaria Ravarino
Vedere il logo di Netflix riempire lo schermo di un cinema, per

Ilaria Ravarino
Vedere il logo di Netflix riempire lo schermo di un cinema, per chi è abituato a usare la piattaforma di streaming dal divano di casa, una certa impressione la fa. Ma è solo questione di un attimo. Di più lunga durata, invece, è l'effetto che produce vedere quel logo associato al vincitore del più antico premio cinematografico al mondo, il Leone d'Oro di Venezia: è successo per la prima volta sabato, con la vittoria di Roma di Alfonso Cuarón (foto) - e la sceneggiatura ai fratelli Coen: per l'en plein a Netflix mancava solo la vittoria del film su Cucchi a Orizzonti - e per gli esercenti è un evento paragonabile all'apocalisse. Per le sigle Anac, Fice e Acec (Autori, Cinema D'Essai e Esercenti Cattolici) sarebbe «iniquo» associare a Netflix «il marchio della Biennale, rendendolo veicolo di marketing per una piattaforma che mette in difficoltà il sistema delle sale». Il Leone d'Oro, sottolineavano ieri le associazioni in una nota non sottoscritta dalle storiche Anec e Anem, «dovrebbe essere alla portata di tutti, e non dei soli abbonati».
Peccato che piattaforme come Netflix o Amazon, più accessibili delle sale (l'abbonamento costa meno di un biglietto), garantiscano tecnicamente una diffusione più democratica dei film. «Ogni polemica è effetto di una nostalgia che non si misura con la realtà», ha commentato il direttore della Mostra Alberto Barbera, che non ha perso l'occasione per stuzzicare Cannes, dal cui concorso Netflix è stata esclusa: «Difendere il passato significa solo perdere opportunità. Le rigidità di Cannes stanno avvantaggiando Venezia».

Ultimo aggiornamento: Lunedì 10 Settembre 2018, 05:01
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