Ilaria Ravarino
ROMA Lo spionaggio 2.0, quello che va per la maggiore in tv,

Ilaria Ravarino
ROMA Lo spionaggio 2.0, quello che va per la maggiore in tv, ormai ha tutto un altro sapore rispetto al classico James Bond. È contemporaneo, tecnologico, ma sobrio, assegna alle donne un ruolo di primo piano e sempre più spesso ha a che fare con due nemici: un nemico esterno, cioè i cattivi dell'Isis, e uno interno, composto da uomini teoricamente al servizio del proprio paese.
Succedeva già con l'apripista Homeland, che dal 24 aprile riparte su Fox con la penultima stagione - sempre guidata dalla spia Carrie Mathison - , succede ancora con Deep State (da domani sempre su Fox): storia ispirata a una vicenda reale, quella delle aziende americane - ha spiegato lo showrunner Matthew Parkhill - che tra il 2013 e il 2015 hanno fatto un sacco di soldi sfruttando la guerra in Iraq, per un'ambientazione tutta mediorientale tra cellule segrete ribelli, donne combattenti (Karima McAdams, perfetta nei panni della spia rinnegata Leyla Toumi) e un protagonista stropicciato, ambiguo, con più di uno scheletro nell'armadio. «È una serie che sfrutta la paranoia dei nostri tempi» ha detto il protagonista Mark Strong, che in Deep State interpreta una spia in pensione costretta a tornare sul campo. Dallo scorso 9 marzo su Amazon Prime Video anche la miniserie The Looming Tower si occupa di spionaggio recente, focalizzandosi sulla minaccia di Osama Bin Laden e al-Qaeda a fine anni Novanta. E infine, iniziata nel 2013 e arrivata alla sesta stagione, la serie The Americans si occupa di spie: qui gli agenti segreti sono russi e l'epoca è quella della guerra fredda, ma il setting classico è turbato dalla trovata narrativa, con le spie del KGB perfettamente integrate nella middle class americana.
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Aprile 2018, 05:01
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