IL CONTO DELLA GIUSTIZIA

Mario Landi
Ha strangolato Sara Di Pietrantonio perché lo aveva lasciato, poi ha bruciato il cadavere. Accadeva la notte del 29 maggio 2016 in via della Magliana. Per quell'atroce delitto sono insufficienti i 30 anni di carcere inflitti dalla Corte d'Appello alla guardia giurata Vincenzo Paduano. Lo sostiene la Cassazione, che riporta indietro le lancette dell'orologio alla sentenza di primo grado, che aveva condannato all'ergastolo l'ex fidanzato della studentessa.
Le motivazioni depositate ieri dagli ermellini sono destinate a fare giurisprudenza. Secondo i giudici della Suprema Corte, Paduano deve infatti essere condannato per due distinti reati: l'omicidio pluriaggravato e lo stalking, come aveva di fatto stabilito il gup che gli aveva dato il carcere a vita. Sentenza poi ribaltata dalla Corte di Assise di Appello, che il 10 maggio 2018 aveva ridotto la pena a 30 anni, considerando lo stalking una semplice circostanza aggravante e non un reato autonomo. La Cassazione ha accolto il ricorso del pg, che chiedeva il ritorno alla condanna di primo grado, e disposto un appello bis.
«La tesi per la quale il delitto di omicidio aggravato assorbe il delitto di atti persecutori è errata - scrivono gli ermellini - la commissione di atti persecutori, reato di natura abituale, non involge in alcun modo la commissione dell'omicidio, reato di natura istantanea». I due reati insomma non sono l'uno una conseguenza dell'altro e quindi vanno giudicati separatamente.
La persecuzione nei confronti di Sara raggiunse un livello tale che lei era terrorizzata e temeva che lui l'ammazzasse. La studentessa, ricorda il verdetto, «fu costretta a modificare le sue abitudini di vita, evitando di incontrarsi» con il nuovo fidanzato «in luoghi ed orari in cui potevano essere sorpresi da Paduano» e «dovette cambiare la password di accesso a Facebook non appena scoprì gli accessi abusivi perpetrati da Paduano».
riproduzione riservata ®

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Maggio 2019, 05:01
© RIPRODUZIONE RISERVATA