Mastandrea protagonista nella fantacommedia "Tito e gli alieni": «I marziani? Sono i più puri tra noi»

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di Paolo Travisi
Deserto del Nevada, a due passi dall'Area 51, luogo top secret dove si cerca vita aliena. Valerio Mastandrea è uno scienziato napoletano, solitario e malinconico, più incline ad ascoltare i suoni dello spazio, che ad investire sui rapporti umani. La sua vita cambia percorso, quando da Napoli, arrivano due nipoti, rimasti orfani. “Tito e gli alieni”, diretto da Paola Randi, si muove tra fantascienza e commedia, e fa centro nelle emozioni, con un messaggio che si nasconde tra radar ed extraterrestri. Ma arriva forte.

Nel film, l'alieno è chi perde il ricordo delle persone care e del passato. La memoria va nutrita?
«Sono d'accordo, la memoria va coltivata, quella della propria vita, ma anche storica e sociale, purché non diventi una zavorra, un legame da cui non si riesce più a liberarsi per proseguire verso la conoscenza di presente e futuro».

Cosa le è piaciuto del film?
«Ho fatto il primo corto della regista, Giulietta nella spazzatura, già c'era un'idea di poesia e arte che usciva dai canoni del cinema. Come in questo film, dove me ne sono fregato del genere, perché mi interessavano le emozioni.

In effetti il suo personaggio è molto poetico, quasi romantico?
«È un uomo un po' orso, che viene travolto dall'affetto verso i nipoti. E attraverso questo incontro si risveglia da un letargo emotivo, accettando la sua vita nuova».

Tra l'altro recita in inglese e napoletano. Difficile?
«Non ho avuto paura di parlare in inglese come mangio, va benissimo. Da qui a fare una carriera internazionale la vedo complicata».

Il film è stato girato tra Spagna e Nevada. Una lavorazione lunga?
«No, lo abbiamo girato in 5 settimane. È un film all'italiana, nel senso che gli americani avrebbero girato una sola sequenza nello stesso periodo. Da decenni sento parlare di crisi del nostro cinema, ma ben vengano i risvegli creativi e un po' di follia, altrimenti un film così non lo avremmo mai fatto».

Insieme a lei anche due attori bambini. Che ruolo hanno?
«Il professore mantiene vivo il ricordo di sua moglie, per vivere il presente. Dorme e viene svegliato da due mosche, i personaggi di Luca Esposito e Chiara Riccio, che prova a schiacciare. Ma sono i bambini che gli insegnano il coraggio di amare ed essere amato».

A proposito di alieni. Chi sono nella nostra società?
«Quando si dice che sono tra noi, mi viene l'ansia. Quando parlo di un marziano, mi riferisco sempre agli esseri umani, a quelle persone pulite e candide. Per questo penso sempre alla responsabilità dei comportamenti, compreso il mio».
Ultimo aggiornamento: Martedì 5 Giugno 2018, 10:06
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