«Ho ucciso Sara, chiedo pietà»

«Ho ucciso Sara, chiedo pietà»
Enrico Chillè
«Non merito pace, non mi perdonerò mai quello che ho fatto. Ho tolto a Sara la possibilità di diventare grande ed essere felice. La pena più grande non è il carcere, ma questa sofferenza che mi porto dentro e che coinvolge non solo la famiglia di Sara, ma anche la mia. Chiedo pietà». Sono queste le dichiarazioni spontanee rese davanti alla Corte d'assise d'appello di Roma da Vincenzo Paduano, l'ex vigilante di 28 anni condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio dell'ex fidanzata, Sara Di Pietrantonio, e per il quale il pm Maria Gabriella Fazi ha chiesto la conferma della pena e di tutte le aggravanti, inclusa quella della premeditazione. La sentenza d'appello è attesa per domani.
Era il 29 maggio del 2016 quando Paduano, che dopo due anni tormentati di relazione non riusciva ad accettare la fine della storia con la 22enne né che lei potesse avere un altro, aveva strangolato la ragazza e cosparso la sua auto di benzina, per poi appiccare il fuoco, nei pressi di via della Magliana.
Il 28enne, assentandosi per qualche ora dal lavoro, aveva seguito Sara fino a costringerla a fermarsi in una strada secondaria, buia e isolata, dopo averla speronata. Dopo il delitto, e prima di tornare al lavoro come se niente fosse, Paduano aveva messo il telefono della ragazza in modalità aereo, in modo da renderlo irrintracciabile, e lo aveva gettato a terra, dove solo per puro caso era stato ritrovato da un operatore dell'Ama. Le accuse nei confronti del 28enne sono quelle di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, stalking, distruzione di cadavere, danneggiamento e incendio dell'automobile guidata da Sara. La difesa ha chiesto che venga eliminata almeno l'aggravante della premeditazione, per evitare di nuovo la condanna all'ergastolo, mentre Paduano, in lacrime, ha aggiunto: «Vorrei poter dare spiegazioni, ma non ho ricordi di quella notte. Non mi riconosco in quel mostro, ma sono certo che è mia responsabilità».
Secondo i legali della difesa, non ci sarebbe stata premeditazione perché la benzina che Paduano aveva con sé era poca e doveva servire solo a danneggiare l'auto di Sara. Non è dello stesso avviso Concetta Raccuia, la mamma della vittima, assistita dal legale di parte civile, Stefania Iasonna: «Aveva lasciato il cellulare e il tablet sul posto di lavoro per crearsi un alibi. Non gli credo, è un manipolatore che dopo due anni di carcere vuole apparire come un bravo ragazzo, ma non ha mai avuto il coraggio di guardarmi negli occhi. Una condanna all'ergastolo sarebbe un segnale importante in un momento come questo, in cui ancora tante donne vengono uccise, il dibattito culturale da solo non basta. Non cadrò nella stessa trappola in cui è caduta Sara, vorrei chiedergli se ora si sente in pace con lei».
riproduzione riservata ®

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 9 Maggio 2018, 05:01
© RIPRODUZIONE RISERVATA