Giuseppe Sala si ricandida a sindaco di Milano. E parla con Leggo a 360 gradi: progetti,

Giuseppe Sala si ricandida a sindaco di Milano. E parla con Leggo a 360 gradi: progetti, scelte, visioni, critiche. Tutto rigorosamente in video call.
Sindaco è passato un mese dal suo annuncio: mi ricandido per fare una vera rivoluzione. Che cosa significa rivoluzione per Milano?
«Discontinuità e cambiamento. La discontinuità è la consapevolezza che non si possa solo subire l'impatto della pandemia. Il cambiamento è inteso come i grandi temi che innervano le metropoli, dall'equità sociale all'ambiente. Con il Covid sento nella gente un'ambizione diversa nella gestione della propria vita in città. Le città stanno pagando salato il prezzo della pandemia ma i milanesi vogliono vivere a Milano, solo in maniera diversa. In particolare ho in mente la questione ambientale e la mobilità. E quindi due macrorivoluzioni. La prima sul trasporto pubblico urbano ed extra urbano puntando su mezzi meno inquinanti. La seconda è muoversi meno, ovvero tutti i servizi nel raggio di 15 minuti a piedi o in bici».
Non un'idea nuova.
«Prima il policentrismo sembrava una dichiarazione di principio. Ora vogliamo farlo. Nel proprio quartiere si devono trovare sanità, uffici comunali, scuola, verde, impianti sportivi. Poi certo se vuoi vedere il Duomo... vai in piazza Duomo. È una rivoluzione? Penso di sì e non un sogno. Vivere la propria città in maniera diversa e viverla spostandosi di meno. Il nostro muoversi risponde da un lato alla necessità, dall'altro al piacere. Io devo ridurre lo spostamento per necessità, mentre per il piacere ognuno fa quel che vuole».
Intanto ci ha pensato il Covid a rivoluzionarci la vita, la sua come è cambiata?
«Il Covid ha limitato i contatti con la mia comunità e un sindaco è riconosciuto come tale quando stabilisce un rapporto empatico con i suoi concittadini. Io invece sono costretto in ufficio a Palazzo Marino e questo impoverisce il mio lavoro che ha nella sua natura la dimensione comunitaria. Nella mia vita privata mi limito a dire che l'unico luogo che mi regala serenità e che (forse) non mi fa pensare al lavoro è la mia casa in Liguria. E ovviamente non ci posso andare».
Qualche giorno fa ha dichiarato di aver capito troppo tardi la gravità della situazione. Quando lo ha capito?
«Questione di qualche giorno, ma quasi tutti i politici all'inizio hanno compiuto il medesimo errore. Abbiamo perso tempo nel fronteggiare il virus ma la Storia ci ha insegnato che le pandemie durano due anni: di meno solo se interviene un fattore esogeno, in questo caso il vaccino».
La Lombardia ha pagato il tributo più alto in termini di vite e di contagiati. La Giunta Fontana ha fatto tutto quello che doveva fare?
«L'assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera ha perso in autorevolezza da tempo. E questo non è un bene per lui né per noi. La situazione di sostanziale stallo, con l'assessore sfiduciato di fatto ma ancora al suo posto è paradossale. Nell'emergenza, poi, ci si sarebbe aspettato dalla Giunta segnali di cambiamento. A partire dagli ospedali che in Lombardia erano considerati il punto di forza ma con il virus tutti i malati sono stati ricoverati e quei luoghi sono diventati centri di contagio. Tutti sono andati negli ospedali perché quello che manca è il presidio territoriale, fatto di medici di base e consultori. In questo senso ci si sarebbe aspettato una ammissione di colpa e la volontà di cambiare passo».
E il governo Conte? Che voto gli dà?
«Sono più positivo su quanto ha fatto all'inizio, meno tranquillo su quello che sta facendo, sono disorientato come tutti gli italiani da questo dibattito sul rimpasto. Per me la questione non è tanto fare un rimpasto per ribilanciare il peso dei partiti, quanto piuttosto mettere al Governo le persone più esperte e disponibili. Avendo chiaro che ci troviamo nel momento storico più difficile dal dopoguerra. Per cui chiamalo rimpasto, chiamalo come vuoi, la domanda è sempre la stessa. Al governo ci sono persone di assoluta esperienza, navigate, che conoscono il territorio che hanno fatto esperienze operative per gestire la situazione? Io non spero nel rimpasto, io spero che arrivino persone qualificate».
Intanto è arrivato il vaccino: lo farà? Pensa che debba essere obbligatorio?
«Non vedo l'ora, non appena mi spetterà. Credo sia difficile renderlo obbligatorio però penso che chi non lo fa si debba prendere le proprie responsabilità. Chi lavora negli ospedali non può non farlo».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Gennaio 2021, 05:01
© RIPRODUZIONE RISERVATA