Enrico Chillè
«Non sapevamo nulla del pestaggio, abbiamo solo eseguito

Enrico Chillè
«Non sapevamo nulla del pestaggio, abbiamo solo eseguito gli ordini imposti dai superiori, che ci hanno costretto a fare delle modifiche che all'epoca non capivamo». È con queste parole, riferite dall'avvocato Giorgio Carta, che due carabinieri imputati nel processo per i depistaggi sulla morte di Stefano Cucchi, hanno annunciato di volersi costituire parte civile contro altri colleghi, anch'essi imputati.
Massimiliano Colombo Labriola e Francesco Di Sano, che nel 2009 lavoravano nella stazione di Tor Sapienza, sono imputati con l'accusa di aver depistato l'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi e ieri hanno puntato il dito contro due loro superiori, il tenente colonnello Francesco Cavallo e il pari grado Luciano Soligo. I due carabinieri sostengono di non aver assistito al pestaggio e di non sapere nulla di ciò che fosse realmente accaduto a Cucchi, ma di essere stati costretti, con una certa insistenza, a modificare l'annotazione di servizio: «Abbiamo capito perché solo dopo e oggi sappiamo tutto, per questo ci vogliamo costituire parte civile. Abbiamo subito un danno di immagine».
Il riferimento è alla modifica di un file Word, utilizzato per l'annotazione di servizio, in merito a ciò che era successo a Stefano Cucchi dopo l'arresto. Il legale di Francesco Di Sano ha anche rivelato che il suo assistito sarebbe stato costretto a rimandare una partenza per la Sicilia, programmata da tempo, proprio per quella modifica. Oltre a Soligo e Cavallo e ai due carabinieri che li accusano, per i depistaggi sono attualmente imputati altri carabinieri: si tratta di Alessandro Casarsa (a quei tempi comandante del Gruppo Roma), Lorenzo Sabatino (all'epoca comandante del reparto operativo), Tiziano Testarmata (allora comandante della quarta sezione del nucleo investigativo) e Luca De Cianni. Le accuse, a vario titolo, sono di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia.
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Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Dicembre 2019, 05:01
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