«Dopo la testata di Spada ho paura delle ritorsioni»

«Dopo la testata di Spada ho paura delle ritorsioni»
Davide M. Ruffolo
«Ho paura per la mia incolumità e temo ritorsioni del clan Spada verso la mia famiglia». A parlare ai magistrati è Daniele Piervincenzi, il giornalista di Nemo aggredito da Roberto Spada a Ostia.
Aggressione per la quale è attesa per le prossime ore la pronuncia del Tribunale del Riesame in merito all'istanza di scarcerazione presentata dalla difesa del gestore della palestra di Ostia (in carcere a seguito della brutale aggressione ai danni di una troupe Rai avvenuta lo scorso 7 novembre). Nell'udienza di ieri la Procura di Roma, attraverso i pubblici ministeri Giovanni Musarò ed Ilaria Calò, ha ribadito le esigenze cautelari e tutti i motivi per cui, secondo loro, Roberto Spada debba rimanere in regime di detenzione all'interno del penitenziario di massima sicurezza di Tolmezzo, in provincia di Udine.
Proprio dal copioso carteggio depositato dai magistrati emergerebbe uno spaccato inquietante sul clima che si respira ad Ostia e, in particolare, sul terrore provato dai due membri della troupe, il giornalista Daniele Piervincenzi e il cameraman Edoardo Anselmi. Proprio loro, infatti, avevano raccontato agli investigatori: «Dopo il pestaggio abbiamo avuto paura che, in quel momento, restare ad Ostia non sarebbe stato per noi sicuro. Temevamo infatti non solo che qualche appartenente alla famiglia Spada potesse raggiungerci presso l'ospedale Grassi e farci del male ma altresì che potessero rubarci la telecamera con i video che avevamo girato».
Per questo i due avevano preferito recarsi all'ospedale Sant'Eugenio del quartiere Eur anziché al più vicino Grassi di Ostia. Un lungo racconto in cui i due confidavano: «Temiamo ritorsioni nei nostri confronti da parte degli Spada ed abbiamo paura per la nostra incolumità e per quella dei nostri familiari». Ed è proprio per questo motivo che non hanno preso parte alla manifestazione contro le mafie tenuta nei giorni successivi all'aggressione. Poi, con non poca amarezza, la troupe raccontava di come durante il pestaggio «nessuno è intervenuto per aiutarci. E abbiamo udito il rumore di alcune tapparelle che venivano chiuse» dettaglio questo che, secondo i pm, renderebbe evidente il clima omertoso presente sul territorio di Ostia e, di conseguenza, la presenza di un sistema intimidatorio proprio delle organizzazioni mafiose.
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 30 Novembre 2017, 17:16
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