Cucchi, la difesa del superteste-imputato: «Assolvetelo»

«Non è stato un omicidio. Cucchi non è morto per le botte, ci sono le perizie di venti medici esperti che lo dicono». Il processo sulla morte di Stefano Cucchi che vede imputati cinque carabinieri (tre dei quali per omicidio preterintenzionale) si avvia alle battute finali e stavolta la parola passa alla difesa. Quest'ultima, in particolare l'avvocato del maresciallo Mandolini, accusato di falso e calunnia, contrattacca e punta il dito contro quello che definisce «un processo stalinista». «Questo processo non è finalizzato a stabilire se Cucchi abbia avuto percosse, ma se in ragione di quelle percosse Cucchi sia morto. E ci sono almeno una ventina di medici le cui perizie hanno parlato di morte improvvisa ed accidentale non riconducibile a traumatismo pacificamente subito da Cucchi in occasione del suo arresto», ha detto nella sua arringa Giosué Bruno Naso, legale di Mandolini. L'avvocato ha anche criticato l'iter di tutto il procedimento in questi mesi, attraversato da testimonianze e nuove indagini parallele che hanno portato a un nuovo processo - quello sui depistaggi - nei confronti di altri otto carabinieri, che partirà il 12 novembre. «I processi stalinisti - ha aggiunto Naso riferendosi al procedimento in corso sulla morte di Stefano, la cui sentenza è prevista il 14 novembre - si caratterizzarono così: partivano dal pregiudizio, che il più delle volte cominciava dalla personalità dell'imputato per arrivare ad affermarne la responsabilità. In questo processo non si è fatto molto di diverso». Il legale difensore del maresciallo Mandolini è poi intervenuto sul ruolo di Francesco Tedesco, uno dei tre carabinieri imputati di omicidio preterintenzionale e teste chiave nel procedimento: il carabiniere «ha rappresentato inconsapevolmente la più piccola e debole rondella di un ingranaggio smisurato e potente che per una volta ha ruotato in controfase«. Quindi avrebbe assolto.

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 30 Ottobre 2019, 05:01
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