Cosa le è rimasto nel suo cassetto di Stefano?
«Conservo tante cose.

Cosa le è rimasto nel suo cassetto di Stefano?
«Conservo tante cose. Ma su tutte c'è quello che rappresenta la voglia che Stefano aveva di cambiar vita. Si stava dando molto da fare nel seguire le pratiche nei cantieri. Ci credeva. Gli piaceva. E così si era fatto fare i bigliettini da visita. Ma sono arrivati, qualche giorno dopo la sua morte».
Cosa c'è scritto?
«Stefano Cucchi, geometra. Via Ciro da Urbino 55 (l'indirizzo dello studio di famiglia ndr.). E il telefono. Sono lì. Nessuno li ha toccati».
Ha dei rimorsi?
«No. Rimorsi zero». Silenzio, un sospiro. «No, forse un rimorso ce l'ho, è vero. Quello di non aver buttato giù quella porta quando stava in ospedale. Ma ero un'altra donna, più giovane, più ingenua. Mi fidavo dello Stato».
Oggi non si fida più? Cosa ha detto ai suoi figli?
«Ai miei ragazzi ho detto la verità. Che ci sono stati dei carabinieri che hanno sbagliato con una crudeltà disumana. Ma ho detto loro che non tutte le persone che indossano una divisa sono così. Dobbiamo continuare ad avere il diritto di credere in quel che rappresentano le forze dell'ordine».
In questi anni i politici le sono stati vicini?
«Sì, tante persone. Di destra e sinistra, senza bandiera. Davvero».
Faccia un nome.
«Mi viene subito da ricordare Luigi Manconi, fu il primo a chiamare pochi giorni dopo il decesso. E ci è stato molto vicino».
E chi è che l'ha ferita di più?
«Carlo Giovanardi. Ha accusato me e la mia famiglia di cose orribili. Ma mi sono fatta una grande risata. Ma la cosa peggiore è che ha insultato Stefano. E Stefano non poteva difendersi».
Eppure non ha avuto rigetto della politica, anzi si è candidata due volte.
«La prima nel 2013, seguendo Antonio Ingroia. Credevo che potesse essere l'opportunità per portare all'attenzione di tutti i temi che mi stavano a cuore, quelli dei diritti umani, temi che sembra che non interessano a nessuno e di cui si parla sempre troppo poco.
E la seconda?
«Nel 2016. Alle amministrative di Roma. Fu più una provocazione per chiedere a quei politici di fare un passo indietro. Ma non l'hanno fatto. E allora me ne sono andata io».
Oggi ci proverebbe ancora?
«No. Perché credo che la politica è quella che io e la mia famiglia abbiamo fatto in questi dieci anni lottando per la giustizia. E non solo per Stefano ma per tutti gli ultimi. Perché ognuno pensa che quello che è successo a Stefano sia lontano dalla sua vita ma purtroppo non è così».
A proposito di credere, crede in Dio?
«Sono una persona profondamente cattolica. Io e Stefano siamo cresciuti tra la parrocchia e gli scout. La fede è stato un altro importante elemento che mi ha permesso di andare avanti. Nel film Sulla mia Pelle c'è un passaggio, forse l'unico minimamente ironico, in cui gli chiedono se è credente e lui risponde no sperante. Ecco anche io sono sperante».
Da credente come se lo immagina Stefano ora?
«Che mi sorride per la prima volta. Quando ancora non sapevamo e non potevamo immaginare nulla di quel che gli era accaduto, Stefano apparì in sogno. Era sorridente e disse che dovevo andare avanti ad accertare la verità. Non solo per lui. Ma per tutti quelli come lui. Ecco penso che gli sia tornato il sorriso dopo dieci anni».
La Chiesa le è stata vicina?
«Sì, sono stata ricevuta insieme ai parenti di tante altre vittime da Papa Ratzinger. Ma la cosa che mi colpì fu quando, dopo la riesumazione della salma, lo rinchiusero nel loculo del cimitero senza dirci nulla. Ancora una volta Stefano moriva da solo. Come un cane. Senza nemmeno qualcuno al suo fianco. Raccontammo tutto questo al nostro vescovo, monsignor Giuseppe Marciante, e lui venne con me e i miei genitori a pregare sulla tomba di Stefano».
Non crede che ora il film Sulla Mia Pelle meriterebbe un seguito?
«Sì, certo. Dopo aver raccontato la tragedia di Stefano bisognerebbe raccontare il dramma della sua famiglia. Di me, dei miei genitori che sono distrutti, e degli altri familiari. Come i miei figli a cui forse non ho dato un'infanzia come tutti gli altri. Ho sofferto anche per questo, ma oggi credo di avergli dato un grande esempio».
In attesa di un nuovo film, tra poco uscirà il suo libro.
«Sì, il 22 ottobre proprio nell'anniversario della sua morte. L'ho scritto insieme all'avvocato Fabio Anselmo che nel frattempo è diventato il mio compagno. Raccontiamo la nostra storia, la nostra battaglia, la nostra sofferenza».
Come si intitola?
«Il coraggio e l'amore».
Già, più coraggio o più amore?
«Non lo so. Ma sicuramente l'amore ci ha dato il coraggio di andare avanti. Di non smettere di crederci anche nei momenti più bui. Quelli che non ti fanno dormire».
Come sono le sue notti?
«Mi sveglio in preda al panico come se mi accorgessi all'improvviso che è proprio vero che mio fratello non c'è più. A volte quando mi risveglio questa sensazione ce l'ho ancora addosso».
Ma Ilaria Cucchi ha più sorriso?
«Certo. Non dobbiamo mai smettere di sorridere, altrimenti è davvero la fine».
L'ultima volta?
«Oggi a pranzo. Con mia figlia siamo andati da Mc Donald's. Lei è una simpaticona. Abbiamo parlato molto, soprattutto di lei. Aveva voglia di raccontare. E quando siamo uscite mi ha detto: Mamma è già finito il nostro momento delle confidenze?. E io sorridendo le ho promesso che dopo cena avremmo ricominciato».
Ultima domanda: per tanti anni ha scritto sulle pagine di Leggo, tornerà?
«Volentieri. Davvero. Appena posso».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Ottobre 2019, 05:01
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