TRIBANO
Una montagna di menzogne e il pubblico ministero Roberto Piccione, titolare

TRIBANO Una montagna di menzogne e il pubblico ministero Roberto Piccione, titolare
TRIBANO
Una montagna di menzogne e il pubblico ministero Roberto Piccione, titolare delle indagini, ha chiesto l'archiviazione. Il profugo nigeriano di 26 anni Peter Chiebuka è innocente: non ha mai sequestrato, stuprato e rapinato una ragazza di 22 anni della Repubblica Ceca. La giovane si era inventata tutto e non si è mai sottoposta all'incidente probatorio. Tutti i tentativi di notificarle l'invito a comparire sono naufragati nel nulla. Soltanto una sua testimonianza avrebbe potuto fare piena luce sul caso, ma sul fatto che abbia raccontato solo un mucchio di bugie gli inquirenti non hanno alcun dubbio.
LE PROVE
I legali del profugo, scandagliando nel passato della giovane straniera, hanno trovato e salvato su uno dei suoi numerosi profili Facebook una serie di post dove ammette di avere detto solo menzogne sul periodo trascorso a Tribano insieme a Peter. Frasi consegnate come prova certa dell'innocenza del richiedente asilo, alla Procura e al Gip. Ma di prove per scagionare il giovane nigeriano ne hanno raccolte tante. Il 26 novembre del 2019, giorno tra gli undici del presunto sequestro, la ragazza ha postato una foto, un selfie, dove è immortalata distesa a letto con Peter: scatto accompagnato da una frase romantica in lingua inglese. Il giorno dopo, il 27 novembre, ha postato l'immagine del biglietto aereo per fare rientro a Praga. Per la difesa due prove essenziali, che hanno dimostrato come la ventiduenne non fosse in realtà sequestrata. Poi c'è il post del 14 settembre, sempre dell'anno scorso, dove la ceca si è scagliata contro la popolazione africana dopo una delusione d'amore per la fine di una relazione con un uomo di colore. Ma la difesa ha puntato soprattutto, su un volantino diramato dalle autorità della Repubblica Ceca il sei di marzo del 2018. La polizia di Praga stava cercando la ragazza, scappata dall'istituto per disabili e affetta da disturbi mentali. E poi quell'indicazione per tentare di trovarla: Cerca la compagnia di uomini della comunità africana.
L'INCIDENTE PROBATORIO
L'esame era stato chiesto dai legali del richiedente asilo, gli avvocati Marco Cinetto e Stefano Corbo. Ma davanti al Gip Mariella Fino la giovane non è mai arrivata. Pur regolarmente citati, non si sono fatti vedere neppure i tre coinquilini del 26enne. La loro assenza non ha però provocato ulteriori intoppi. Erano già stati interrogati dai carabinieri e avevano confermato che all'interno dell'appartamento gestito dalla cooperativa Edeco non si era consumata alcuna violenza ai danni della ventiduenne. Tanto più che le porte della struttura sono prive di chiavi, per cui è impossibile tenere segregata una persona in una stanza. I verbali degli interrogatori dei tre africani sono stati acquisiti nel fascicolo del sostituto procuratore. L'incidente probatorio rappresenta l'ultimo passaggio di un'inchiesta che si è sgonfiata con il passare dei giorni e di cui adesso la Procura ne ha chiesto l'archiviazione. Le prove raccolte dalla difesa hanno disegnato un quadro diametralmente opposto a quello tratteggiato nell'ordinanza di custodia cautelare. È apparso del tutto evidente che la 22enne si fosse inventata tutto. Peter, quando ha saputo di essere stato liberato anche dall'obbligo di firma ai carabinieri, ha abbracciato i suoi avvocati. «Sono felice. Io pensavo fosse la mia ragazza. Non capisco perchè mi ha fatto del male. Le voglio ancora bene».
Marco Aldighieri

Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Febbraio 2020, 05:03
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