Formigoni, vita da detenuto

Angela Calzoni
Come ogni domenica è andato a messa, ma invece dei soliti fedeli, seduti nel banco vicino a lui c'erano gli altri detenuti di Bollate. È questo l'unico frammento di normalità dei primi tre giorni in carcere di Roberto Formigoni, che da venerdì sta scontando una condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione per il caso Maugeri nel penitenziario modello alle porte di Milano.
«È arrabbiato e addolorato, certo, ma è anche combattivo», dicono i suoi avvocati, che lo hanno incontrato sabato mattina. Anche qualche amico del mondo della politica lo è andato a trovare, alla chetichella. Chi lo ha incontrato, nella cella 315 del reparto uno del carcere, ha detto che «è forte». Dice di sentirsi come «se stesse facendo per la prima volta il servizio militare, dato che è a suo tempo è stato riformato».
Gli altri detenuti nella stessa palazzina di quattro piani si trovano anche le celle di Alexander Boettcher, in carcere per le aggressioni con l'acido, e di Alberto Stasi, condannato per il delitto di Garlasco - lo hanno accolto con gentilezza e curiosità. La prima sera qualcuno ha cucinato per lui un piatto di linguine e tutti hanno cenato nella sala comune e guardato la partita del Milan. Formigoni divide la cella con altri due detenuti, un vigile condannato per omicidio e un altro detenuto finito in cella per reati finanziari. Secondo indiscrezioni si tratterebbe di Costantino Passerino, ex direttore amministrativo della Maugeri condannato in via definitiva a 7 anni e 7 mesi. Per il Celeste, però, non è facile far passare il tempo. Ha portato con se qualche libro: La banalità del male di Hannah Arendt, gli scritti di don Giussani. Ha passato in rassegna i giornali. Si capisce che la detenzione gli pesa quando accenna a una possibile strategia dei suoi legali per fargli concedere gli arresti domiciliari, ma teme che «possa essere ancora lunga».
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 25 Febbraio 2019, 05:01
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