Le scale immobili, uno schiaffo a Roma

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di Lorenzo De Cicco
Gli operai finora non l’hanno nemmeno toccata, in otto mesi. È ancora lì, sfasciata e inutilizzabile come quella sera del 23 ottobre scorso, quando il rullo di metallo scivolò verso il basso a velocità folle, accartocciando le lamine e falciando le gambe dei tifosi del Cska in trasferta. Decine di feriti. L’incidente sui giornali di tutto il mondo. L’immagine del collasso Capitale. Otto mesi dopo e con oltre mezzo milione di euro già sborsato dall’Atac, la stazione della metro A in piazza della Repubblica ha riaperto, ieri mattina. Ma la rampa crollata è incredibilmente ancora fuori uso, come 247 giorni fa. Stesso discorso per l’impianto gemello che le sta affianco. Funzionano le altre 4 scale, quelle mai precipitate. E nemmeno il pannello con le bellezze di Roma tagliate dalla luce del tramonto - la magia dei Fori, la cupola di San Carlo al Corso - che l’Atac ha sistemato per nascondere alla vista la scala maledetta, riesce a coprire la vergogna dei ritardi. Incomprensibili, a pensare che una stazione centralissima, tra le più frequentate della Capitale, sia rimasta chiusa per 32 settimane di fila per una rampa collassata e che abbia riaperto, dopo tanti travagli, senza che quella scala sia stata aggiustata. 
 


Se non ci fosse il cartonato a coprire tutto, il rullo martoriato dopo 8 mesi di chiusura sarebbe la fotografia perfetta per raccontare il tormento che vivono i trasporti romani e allo stesso tempo l’odissea di una burocrazia paludosa e goffa, che prolunga i disagi oltre ogni immaginazione. Mettere in fila le date aiuta a ricostruire responsabilità ed errori (in attesa che venga ricostruita la scala...). Responsabilità del Campidoglio, dell’Atac, della ditta di manutenzione. Primo flashback: la scala in questione - matricola 339 - era stata costruita nel 2009, per rimpiazzare quella installata nella stazione in occasione dell’apertura, nel 1980. In teoria la scala avrebbe dovuto reggere «fino al 2029». Cioè per altri dieci anni. Così prevedevano i tecnici dell’Atac. Invece è crollato tutto e ora la Procura indaga sulle falle della manutenzione.

A occuparsene, fino a tre mesi fa, era un consorzio che metteva insieme un’impresa di Napoli con una ditta di Roma. L’appalto lo aveva assegnato a luglio 2017 la vecchia governance di Atac, scelta sempre da Virginia Raggi, nello specifico quella guidata dall’ex amministratore unico, Manuel Fantasia. Un ingegnere nucleare, prima nominato e poi scaricato dai grillini a settembre 2017. Il consorzio di Napoli aveva sbaragliato la concorrenza con un maxi-ribasso del 49,7%. E arriviamo al 23 ottobre scorso. Il crollo della rampa 339.
Dopo l’incidente, i pm hanno sequestrato tutto. Ma già il 27 novembre, dopo un mese, avevano ordinato il «dissequestro parziale». Tradotto: a parte la rampa crollata e quella di fianco (i sigilli saranno tolti il 28 marzo), sulle altre 4 si poteva lavorare già da quasi sette mesi. Atac all’inizio ha ordinato una serie di controlli, puntando a riaprire per metà gennaio. Ma la situazione, invece di migliorare, si è aggravata, fino alla grottesca conseguenza che per un mese intero il centro di Roma non ha avuto una stazione del metrò aperta. Come negli anni ‘80.
All’Atac ci si accorge che il problema è serio durante le «prove di carico» del 10 e 11 gennaio. Durante i collaudi, altre due scale di Repubblica non reggono. «Il disco freno non era idoneo», scopre la società comunale. Un mese e mezzo dopo, il 27 febbraio, Atac chiede allora al consorzio della manutenzione di riparare «con urgenza» tutte le scale. E di accollarsi i costi, compresa la fabbricazione dei pezzi mancanti, ormai fuori produzione. Il consorzio a marzo risponde picche. E così l’Atac decide di stracciare il contratto. Nel frattempo la vicenda ha preso una piega surreale: è precipitata un’altra scala a Barberini - stazione ancora parzialmente sequestrata - e anche Spagna ha dovuto chiudere per un mese, avendo impianti uguali.
MEZZO MILIONE GIÀ SPESO
Passa altro tempo. Siamo ad aprile. La municipalizzata mette a bilancio 1 milione e 265mila euro solo per le scale. A oggi ne sono stati già spesi 543mila, senza contare l’Iva. Ma i due contratti applicativi, prima per la metro di Spagna, poi per Repubblica, incredibilmente non hanno mai riguardato la rampa distrutta otto mesi fa. Cioè l’innesco di tutto. Lo confermano le carte sugli appalti pubblicate dall’Atac. Nell’ultimo provvedimento del 16 maggio scorso, c’è scritto che la scala con la matricola 339 farà parte di «ulteriori contratti applicativi». Si è scelto di procedere sulle altre 4 scale, spiegano dalla partecipata, per fare prima. Perché ripararle sarebbe stato meno complicato. Un paradosso, a pensare che ci sono voluti sette (sette) mesi, togliendo il mese del sequestro. Per la scala precipitata si è ancora in una fase di «verifica», poi arriverà una «relazione tecnica», poi ancora si procederà coi lavori. Tempi? Incerti, naturalmente. 

Ultimo aggiornamento: Venerdì 28 Giugno 2019, 00:07
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