Migranti, la linea dura di Berlino complica i piani dell'Italia

Migranti, la linea dura di Berlino complica i piani dell'Italia

di Valentina Errante
Oltre duemila migranti in più ogni anno, ma, soprattutto, nessuna prospettiva per la redistribuzione in Europa dei richiedenti asilo che sbarcano sulle nostre coste. Ossia le trattative per modificare il Trattato di Dublino, che prevede l’accoglienza dei profughi nel Paese di primo approdo, difficilmente saranno favorevoli all’Italia. È questa la vera partita dei grandi numeri. I segnali c’erano tutti: già durante le manovre per la difficile formazione del governo tedesco, era sembrato chiaro che sarebbe stato arduo trovare una convergenza con la Germania sulle politiche dell’accoglienza, ma adesso, la concessione del ministero dell’Interno al leader della Csu Horst Seehofer, che lo valorizzerà con un settore dedicato alla «Patria», conferma i timori. 

LA RELOCATION
A ottobre, per la prima volta, Angel Merkel ha accettato l’ipotesi di un “tetto” annuale al numero dei rifugiati accolti dalla Germania: non dovrà superare i 200mila all’anno. La cancelliera è stata costretta a cedere alle pressioni del della Cdu, che punta a una chiusura nelle politiche sull’immigrazione. Una decisione che pone fine alla partecipazione della Germania alle cosiddette “relocation”, ossia le delocalizzazione da Italia e Grecia previste dall’Ue dopo la crisi migratoria del 2015. L’accordo, che è risultato comunque fallimentare, è scaduto ufficialmente il 26 settembre 2017 e ha visto la Germania aprire le porte a oltre un terzo del totale dei rifugiati. Dall’Italia, in due anni, 4.908 sono partiti per la Germania. L’accordo, dicono ora i tedeschi, si è concluso nel settembre 2017, significa che tutti i richiedenti sbarcati dopo quella data non saranno più ammissi al reinsediamento. 

DUBLINO
La partita più importante, quella dei grandi numeri, riguarda però la revisione del Trattato di Dublino, sul quale sembra certo che Roma, isolata nella sua battaglia, adesso non possa contare eppure sulla Germania. A novembre, dopo l’approvazione della commissione Affari interni, il parlamento ha approvato le modifiche al regolamento, spostando sul Consiglio la battaglia. Un testo già bocciato dall’Italia, paese naturale di primo approdo, sommersa per anni dalle richieste di asilo politico legate all’obbligo di accoglienza. Perché la proposta licenziata, già frutto di lunghe trattative, prevede che il primo Stato non sia più automaticamente e unicamente responsabile di valutare le richieste di asilo ma ipotizza ancora il sistema delle relocation per la distribuzione negli altri stati membri, con il rischio di una riduzione nell’accesso ai fondi Ue per chi chiudesse le porte. Un meccanismo che ha già fallito. Non solo, il nuovo “piano” prevede anche un periodo transitorio di tre anni, con un meccanismo ‘filtro’ per scremare chi abbia poche chance di vedere accolta la domanda di asilo, soggetti che resterebbero a carico del Paese di ingresso responsabile del rimpatrio, con un sostegno aggiuntivo da parte dell’Ue. 

NUOVE POLITICHE
La virata tedesca verso la sicurezza a scapito dell’accoglienza, anche nelle missioni europee attive nel mediterraneo, è già stata declinata, dopo le elezioni, nella nuova interpretazione del dovere di prima accoglienza. Secondo la tesi che ora la Germania potrebbe sostenere, stravolgendo la politica della Merkel, consisterà nel soccorrere chi arriva rinviandolo nei luoghi di provenienza e intervenendo nei paesi di origine. 
Ultimo aggiornamento: Sabato 10 Febbraio 2018, 16:10
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