Covid, passaporto sanitario per salvare il turismo in Unione europea: «Controlli sui singoli»

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di Francesco Bisozzi
ROMA No al far west dei corridoi turistici Covid-free, si a un protocollo unico europeo per rimettere in moto gli spostamenti tra i Paesi dell'Ue. Così l'Italia punta a mettere in sicurezza il turismo. «Servono regole comuni per consentire il libero spostamento tra i Paesi dell'Unione Europea ed evitare il rischio di accordi bilaterali», ha spiegato il ministro per i Beni culturali e il turismo Dario Franceschini durante un'informativa al Senato. 
Si pensa a un passaporto sanitario salva-vacanze per consentire alle persone di muoversi in Europa già a partire da quest'estate, ma misure di questo tipo richiedono tempo per essere messe in pista. La Croazia, che ha annunciato che quest'estate aprirà le sue spiagge, in mancanza di un coordinamento europeo non esclude di stringere accordi con Slovenia, Repubblica Ceca, Austria, Polonia e Germania per creare un'area turistica a circuito chiuso. 

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LA MINACCIA
La strategia con cui Zagabria conta di attirare i tedeschi sulle sue spiagge rappresenta però una minaccia per l'Italia, considerato che stando agli ultimi dati Istat il 27 per cento dei turisti stranieri che visitano il Belpaese proviene proprio dalla Germania. Nei 27 Paesi Ue il turismo conta circa 23 milioni di occupati, di cui oltre 4 milioni in Italia, dove vale il 13 per cento del prodotto interno lordo. Secondo un'indagine di Demoskopika 40 mila imprese del comparto turistico rischiano in questo momento di fallire e di innescare così la perdita di oltre 184 mila posti di lavoro. Risultato? Di questi tempi un anno fa si pensava a dove andare in vacanza, mentre ora ci si chiede se bisognerà effettuare un test sierologico prima della partenza. Il protocollo unico europeo per la ripresa degli spostamenti non ha ancora preso forma. Diverse le ipotesi sul tavolo. Quella più probabile prevede tuttavia il ricorso a un passaporto sanitario che attesti la negatività al coronavirus dei viaggiatori. 

LA LETTERA
Italia, Grecia, Cipro, Francia, Spagna, Portogallo, Bulgaria, Romania e Malta in una lettera congiunta datata 27 aprile hanno sottolineato la necessità di stabilire quanto prime regole omogenee per la mobilità via aria, mare o terra, al fine di garantire nell'eurozona viaggi sicuri e senza interruzioni: «Queste misure dovranno essere adottate in modo uniforme sul territorio europeo». I Paesi colpiti meno duramente dal virus potrebbero chiedere tuttavia misure restrittive nei confronti di quelli con un'indice di contagio più elevato. Raggiungere un'intesa dunque non è ancora scontato. Così il ministro Dario Franceschini ieri al Senato: «Le vacanze questa estate si faranno. Saranno diverse, dovremo osservare misure come il distanziamento e in qualche caso le mascherine, ma si potranno fare. Per questo stiamo sollecitando l'Unione europea». Ma per sapere quali linee guida troveranno spazio nel protocollo unico europeo per la ripresa degli spostamenti bisognerà aspettare la seconda metà del mese, anche se ad oggi prevale l'ottimismo. Solo se non si arriverà a un accordo allora anche Roma sarà costretta a ripiegare sulla strada degli accordi bilaterali per allestire dei corridoi Covid-free con i Paesi che hanno molto turismo in uscita verso l'Italia. Come la Germania (nel 2018 i tedeschi hanno trascorso complessivamente 59 milioni di notti negli esercizi ricettivi tricolori), la Francia (che vanta una quota del 6,5 per cento sul totale delle presenze di turisti stranieri in Italia), la Svizzera e l'Austria (entrambe al 5 per cento). Ai tempi della Sars i flussi turistici si erano contratti dello 0,4 per cento, mentre adesso si teme un crollo del 30 per cento. 
 


Un numero che rischia di rivelarsi fatale per il settore in Italia. «Migliaia di posti di lavoro nel comparto turistico sono appesi al filo di un integrato piano di provvedimenti che deve sostenere il sistema a superare la crisi in tempi rapidi, un organico pacchetto di misure che stenta a vedere la luce e senza il quale sarà difficile coprire le insolvenze e scongiurare i fallimenti degli operatori della filiera», avverte il presidente di Demoskopika Raffaele Rio. Per Demoskopika nel 2020 l'emergenza Coronavirus potrebbe bruciare 18 miliardi di spesa turistica, di cui 9,2 miliardi per la contrazione dell'incoming. Poco più di 40 mila imprese potrebbero essere costrette a dichiarare il fallimento entro la fine del 2020 con una perdita di 9.629 milioni di fatturato. Sempre secondo i calcoli dell'istituto di ricerca la metà dei fallimenti, 20.183, si concentrerebbe in Lombardia (5.665), Lazio (4.544), Campania (3.896), Veneto (3.071) e Emilia-Romagna (3.007). Andrebbero così in fumo 31 mila posti di lavoro in Lombardia, 18.597 in Veneto, 18.095 nel Lazio, 16.823 in Emilia-Romagna e 14.302 in Toscana.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Maggio 2020, 12:58
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