Ricciardi (Oms): «Forse infettati il 20% degli italiani, potremo capirlo dagli anticorpi»

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di Mauro Evangelisti
«Fino ad oggi abbiamo visto solo la punta dell’iceberg, con i test sierologici a campione su vaste fasce della popolazione potremo capire quanto sia stato diffuso il contagio. E sulla base di quei dati decidere le prossime azioni». Walter Ricciardi, rappresentante per l’Italia nell’Organizzazione mondiale della Sanità e consigliere del ministro della Salute: perché è così importante iniziare la campagna di screening con i test sierologici? E perché anche l’Oms vuole farlo a livello mondiale?
«Moltissimi paesi stanno imboccando questa strada perché consente di capire come si è diffuso il virus nella popolazione ed elaborare strategie di contrasto dell’epidemia».

Parte il test di massa sugli anticorpi: chi dovrà farlo e quali le priorità

E in che modo si potrà procedere in Italia per realizzare questo screening di massa? Non potremo certo sottoporre ai test sierologici 60 milioni di italiani.
«Dovremo procedere con il campionamento di una popolazione rappresentativa. Stratificato in funzione dei gruppi di età e delle aree geografiche. E tutto questo andrà fatto con molta attenzione, la selezione dovrà essere realizzata molto bene, perché poi il risultato dovrà essere estrapolabile per tutta la popolazione italiana».

Ma in che modo i test sierologici, che ricercano la presenza degli anticorpi nel sangue, ci potranno aiutare nelle azioni di contrasto della diffusione di Covid-19?
«Ci faranno capire, dopo questa prima ondata, qual è la suscettibilità degli italiani. Se, come io credo, scopriremo che soltanto il 10-20 per cento della popolazione è venuta a contatto con il coronoavirus e dunque ha sviluppato gli anticorpi, significherà che dovremo stare molto attenti, perché avremo ancora l’80 per cento degli italiani suscettibili. Ma sia chiaro, le mie per ora sono solo delle ipotesi. Magari capiremo che in Lombardia questa percentuale è più alta. Capiremo molto il dimensionamento del contatto tra popolazione e coronavirus ed è un elemento importante per decidere le future strategie di prevenzione e di contenimento».

Potremmo scoprire, ad esempio, che in alcune fasce di età il numero degli asintomatici positivi, ora immunizzati, è più alto?
«Questo è probabile. Quello che fino ad oggi abbiamo visto è la punta dell’iceberg, con questi studi vedremo l’altra parte, quella sottostante».

C’è un problema: ancora non sappiamo quanto dura l’immunizzazione.
«Questa è un’altra informazione che potremo acquisire nel tempo. Intanto, possiamo valutare le dimensioni del fenomeno. Diciamo che con i test sierologici avremo la fotografia statica, il film arriverà successivamente, mano a mano che si evolverà la situazione».

Dal punto di vista pratico quanto tempo servirà per questo screening diffuso? E il fatto che molte regioni abbiano già cominciato non può essere un aiuto?
«Una volta che saranno validati i test, per una operazione di quel tipo serviranno diverse settimane, forse un mese. Il fatto che alcune regioni siano già partite non aiuta, perché in casi come questi serve una regia nazionale, altrimenti i dati non sono omogenei e non sono raffrontabili».
 
Ultimo aggiornamento: Sabato 4 Aprile 2020, 11:03
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