Autonomia, stop di Tria. La Lega blocca il piano Salva-Roma

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L’affermazione, Giovanni Tria, la infila in un fraseggiare monocorde farcito di riferimenti e rimandi a commi di legge. Ma alle orecchie attente dei deputati e dei senatori della commissione bicamerale sull’attuazione del federalismo fiscale, le parole del ministro dell’Economia, suonano immediatamente come una sentenza. Di condanna. «Le richieste regionali», spiega Tria, «non appaiono del tutto coerenti con i principi costituzionali».

Un’affermazione distante anni luce dal comunicato congiunto diffuso dal ministro degli Affari Regionali, Erika Stefani, insieme al vice ministro dell’Economia, Massimo Garavaglia, il 13 febbraio scorso alla vigilia del consiglio dei ministri chiamato ad esaminare le intese tra Stato e Veneto, Lombardia, Emilia Romagna sull’autonomia differenziata, nel quale si dava per fatto l’accordo con il Tesoro sui profili finanziari di quelle intese. Tutto, insomma, appare ancora in alto mare. E questo nonostante nella risoluzione al Def, il documento di economia e finanza, Lega e Movimento Cinque Stelle abbiano chiesto al governo «di dare seguito alla fase finale dell’attuazione del cosiddetto «regionalismo differenziato».

Solo una dichiarazione di intenti, anche perché sui confini di questa autonomia le distanze tra carroccio e e movimento sono sideralmente distanti. Tanto che, ancora una volta, il premier Giuseppe Conte si è dovuto fare «garante per il Sud». E non è l’unico motivo di frizione. Ormai è una guerra di logoramento tra i due partiti della maggioranza. Ieri Matteo Salvini ha anche chiesto di stralciare dal decreto crescita la norma per “statalizzare” il debito di Roma. Altro sgambetto a Virginia Raggi e Luigi Di Maio. 

LA REQUISITORIA
Ma torniamo a Tria. La sua attesa audizione nella Commissione bicamerale è sembrata quasi una requisitoria. Non solo il ministro ha spiegato che le bozze di intesa rischiano di essere incostituzionali quando chiedono competenze esclusive in materia tributaria e contabile, ma ha anche “svelato” il trucco dei cosiddetti costi medi che le tre Regioni vorrebbero applicare nella fase transitoria per calcolare le risorse necessarie per finanziarie le funzioni trasferite. «Se si va in questa direzione», ha spiegato, «alcune Regioni dovranno avere risorse aggiuntive rispetto a quelle che percepiscono oggi. E queste risorse o le togliamo alle altre Regioni o dovremo trovare una copertura finanziaria».

Il ragionamento è semplice. Lombardia e Veneto hanno un costo medio per abitante per funzioni come l’istruzione, più basso della media. La Calabria ce l’ha, per esempio, più alto. Per dare più soldi a Veneto e Lombardia ci sono due strade: o si tolgono soldi alla Calabria o si aumentano le tasse a tutti i cittadini italiani. In realtà Tria, nel suo discorso, ha tracciato una linea logica che, però, le Regioni che chiedono autonomia non sembrano ad oggi voler seguire. La prima cosa da fare, secondo il ministro, dovrebbe essere la fissazione dei Lep, i livelli essenziali di prestazione, da parte dello Stato.

Il governo, cioè, dovrebbe dire, per fare un esempio, quanti insegnanti devono esserci per ogni alunno, quante lavagne digitali, quante classi con il tempo pieno e così via. Poi andrebbe determinato il fabbisogno standard, ossia calcolare qual è il prezzo uniforme su tutto il territorio che questi servizi devono avere e, infine, garantire che tutte le Regioni abbiano le risorse adeguate per fornire quei servizi. Chi ha più capacità fiscale (come le Regioni ricche del Nord) dovrebbe garantire una “perequazione” a chi non ha risorse sufficienti (come diverse Regioni del Sud). Insomma, questa secondo Tria «è la strada maestra». Se viene seguita non ci sarebbero ostacoli a mandare avanti le intese. 

LA REAZIONE
All’audizione del ministro ha risposto piccata la delegazione della Regione Veneto. «Nelle bozze di intesa», ha scritto in un comunicato, «non c’è nulla che comporti invasioni di campo da parte della Regione Veneto: in discussione ci sono le fonti di finanziamento delle funzioni regionali ed è di esse che ci si occupa. Naturale», ha proseguito la delegazione del Veneto, «che vi siano in gioco ambiti di competenza statali e ragionali, ma ciò avviene nel quadro del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 19 Aprile 2019, 11:33
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