La stretta contro i giovani irriducibili della movida: «Gli effetti tra 7 giorni»

IL CASO
ROMA «A Roma pagheremo l'effetto della movida tra una settimana». Così ieri Walter Ricciardi, consigliere del Ministro della Salute per l'emergenza coronavirus e membro del comitato dell'Oms, ha lanciato l'ennesimo allarme per la Capitale. Già pochi giorni fa infatti, l'aveva definita «particolarmente a rischio» accusando soprattutto l'incoscienza dei più giovani ma anche i gestori dei locali poco accorti nel rispetto delle regole e le istituzioni cittadine poco reattive.
La stessa incoscienza contro cui ora ha deciso di scagliarsi anche il governo che è arrivato al punto di varare nuove norme anti-movida. Una nuova via per la gestione dell'ordine pubblico che, come peraltro sottolineato con una lettera inviata ieri dalla ministra dell'Interno Luciana Lamorgese a tutti i presidenti delle regioni, dipende dai prefetti: «Le prerogative degli uffici territoriali di governo non possono essere scavalcate da ordinanze regionali». Ed è stata proprio Lamorgese che ieri è intervenuta per prima sul tema invitando i giovani che «continuano ad alimentare la movida» a «rendersi conto che la loro disinvoltura nei comportamenti potrebbe causare danni». Così nel mirino delle nuove norme, oltre ai gestori dei locali, ci sono soprattutto i più giovani che, secondo il governo, non hanno reale cognizione rischi. A dimostrarlo, appena poche ore fa, il video postato su Instagram da due donne, una 21enne proveniente da Milano e una 35enne da Roma, che si sono incrociate ad Agrigento, dando il via a una conversazione surreale: «Io vengo dalla zona rossa, da Milano!», «Io vengo da Roma!», «Quindi dove ci troviamo?», «Ad Agrigento!». Filmati che sono stati immediatamente acquisiti dalle autorità che hanno identificato e denunciato entrambe.
CONTROLLI
Non solo, nelle nuove misure ci sarà anche un'ulteriore inasprimento dei controlli. In pratica carabinieri, polizia e polizia municipale aumenteranno la propria presenza in strada nel tentativo di far rispettare regole ed orari ai locali e, quindi, contenere le uscite dei cittadini. Prospettiva che però preoccupa non poco proprietari e lavoratori del settore che preferirebbero l'obbligo di chiusura. «Così ci ammazzano, sarebbe meglio che ci obbligassero a chiudere. Invece restiamo aperti e non viene nessuno. Niente guadagni ma restano in piedi tutte le spese di gestione. Tireremo avanti ancora 2-3 giorni poi valuteremo se chiudere». Che qualcosa è cambiato si capisce subito, prima dal silenzio e poi dai tavoli vuoti. Pochissima gente, clienti praticamente assenti, camerieri che aspettano sulla porta. Coperti, se va bene, quasi dimezzati («siamo passati da 75 a 40», dice il proprietario di un bistrot vuoto) ma in alcuni casi va anche peggio: «Oggi abbiamo preparato solo un quarto dei tavoli che normalmente abbiamo a disposizione», fa notare la cameriera di un ristorante. Il motivo: rispettare le direttive sulle distanze ma, raccontano alcuni, sono i clienti i primi a non gradire: la gente esce per stare insieme e non apprezza l'osservanza rigorosa della misura. Semplicemente, se ne va.
Francesco Malfetano
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimo aggiornamento: Martedì 10 Marzo 2020, 05:05
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