Paolo Rossi, i funerali a Vicenza: gli azzurri del Mundial portano la bara. Cabrini: «Non ti lascerò andare»

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È terminato alle 12 nel Duomo di Vicenza il funerale di Pablito. La bara è uscita dalla cattedrale con una sciarpa biancorossa posata in cima, dove è stesa anche una maglia azzurra numero 20. Applausi fortissimi nel cortile della cattedrale si mischiano al rintocco delle campane.

«In questi giorni abbiamo ricevuto attestati di affetto incredibili, commoventi. Mi auguro che Paolo possa aver visto tutto questo affetto». Così la moglie di Paolo Rossi, Federica Cappelletti, dopo i funerali dell'eroe azzurro dei mondiali 1982 nel Duomo di Vicenza. «Era una persona semplice, generosa e per questo ho ritenuto opportuno aprire il mio dolore per raccontare la sua grandezza e i suoi sentimenti -aggiunge-. Paolo era della gente, di tutti, ed è giusto che venga ricordato per la sua grandezza ma anche in questa fase di sofferenza. Io sono quello che lui ha creato, mi ha insegnato tanto ad avere coraggio e ad affrontare anche i problemi sempre con il sorriso».

L'ultima messa a Vicenza l'ha voluta e organizzata Federica Cappelletti, seconda moglie di Paolo Rossi. Il feretro del campione morto mercoledì scorso, è stato portato a spalla dagli ex compagni della Nazionale. In prima fila si riconoscevano Antonio Cabrini,  Marco Tardelli, Giancarlo Antognoni  e Fulvio Collovati. All'esterno i cori della gente ad intonare 'Paolo, Paolo...'. Il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha deposto una maglia azzurra della nazionale italiana con il n.20 sul feretro di Paolo Rossi, davanti all'altare del Duomo di Vicenza dove sono appena cominciati i funerali. 

 

Gli eroi del Mondiale sono seduti uno accanto all'altro; fa impressione vederli riuniti in questa circostanza: brizzolati, tristi, con la mascherina. 

L'omelia

«Astuto come un serpente in campo ma in tutta la sua vita semplice come una colomba, così era Paolo», dice nell'omelia  don Pierangelo Ruaro, delegato dal vescovo di Vicenza Baniamino Pezziol che sta celebrando il funerale. « Paolo ha vissuto la malattia con il garbo e la discrezione di sempre. La sua grandezza è stata di essere un fuoriclasse, ma mai un personaggio. Andrai nella Coverciano del cielo», aggiunge. L'omelia si conclude con una citazione di Renato Zero: «Benedici attori, musicisti, fantasisti e il popolo del circo, tutta questa gente che sorride sempre. Dentro questo elenco mettiamo di diritto anche te, Paolo. Grazie per aver fatto sognare tanta gente, per averci insegnato a vivere. Grazie a te, Signore, per avercelo donato». 

«Proviamo a raccontare Paolo come cristiano - ha detto il sacerdote - In una recente intervista diceva "Appartengo ad una generazione per la quale i valori cristiani erano importanti. È stato chierichetto. Ha iniziato a giocare nella squadra messa su del prete della parrocchia. Una settimana in seminario gli è bastata a fargli capire che quella non era la sua strada. Non sono un bigotto e credo fermamente che siamo di passaggio su questa terra, per preparare una vita futura. La sua fede era fatta di quotidianità, di gentilezza, rispetto, semplicità ed umiltà». «Dopo la vittoria del mondiale in Spagna gli chiesero qual'era stato il momento più bello. "La finale della finale" - rispose - Durante il giro del campo con la coppa in mano mi vengo i crampi - raccontava -. Mi siedo su un cartellone pubblicitario e vedo sugli spalti la gente che si abbraccia. Questo fu il momento più bello, vedere la gioia che avevamo dato agli italiani». Sulla bara in noce chiaro ha posato a lungo una mano Federica Cappelletti, la moglie di Paolo Rossi. Per tutto il tempo della funzione la giornalista ha stretto in un abbraccio morsa le due figlie Maria Vittoria (10 anni) e Sofia Elena (8).

I ricordi degli azzurri

«Ho perso non solo un amico, ma un fratello. Quante emozioni abbiamo condiviso. Hanno stravolto la nostra vita. Siamo stati parte di un gruppo, di quel gruppO». Antonio Cabrini commosso ha salutato Paolo Rossi, suo ex compagno di nazionale e nella Juventus, durante il funerale. Il campione ha pianto per molta parte del funerale. «Pensavo che avremmo camminato insieme ancora a lungo. Già mi manchi, mi mancano i tuoi scherzi, le tue parole di conforto, le nostre liti ed il tuo sorriso - ha proseguito - Sono quelli come te che rendono bella l'amicizia. Non ti lascerò andare. Sarai sempre dentro di me, ti prometto di stare vicino a Federica ed ai tuoi figli, ma tu resta vicino a me».

«Di quel gruppo vincente Paolo era un simbolo, non solo per quanto è riuscito a fare in campo ma anche fuori. Le sue più grandi doti sono state l'umanità e la disponibilità verso tutti, ma anche la capacità di sorridere». Così Beppe Bergomi ricordando Paolo Rossi a Vicenza nel giorno dei funerali dell'ex eroe Mundial. «Con lui ho condiviso l'esperienza da commentatori tv nel mondiale 2006 - ha aggiunto Bergomi, la mascotte dei ragazzi dell'82 campioni del mondo - anche qui era un esempio per la moderazione nei commenti».

«La morte di Paolo mi ha colpito perché non sapevo della sua malattia e quindi è stato un fulmine a ciel sereno. Lui ha rappresentato il calcio italiano, non ha uguali in assoluto». Paolo Maldini ricorda così Paolo Rossi, prima che cominci la cerimonia funebre al Duomo di Vicenza. «Paolo Rossi era solo lui e io ho avuto la fortuna di giocarci insieme al Milan, lui a fine carriera e io giovanissimo» ha aggiunto Maldini.

«Paolo era il più grande di tutti, oltre che il più forte attaccante di tutti i tempi». Con queste parole Alessandro Altobelli, all'esterno della cattedrale di Vicenza, prima dell'inizio dei funerali ha ricordato Paolo Rossi. «Di quel gruppo era un simbolo non solo in campo ma anche fuori e anche una volta lasciato il calcio - ha aggiunto l'ex campione - Eravamo entrambi attaccanti, ma lui era molto più forte di me. Ho sempre cercato di copiare quello che faceva, ma le sue erano qualità naturali e imitarlo impossibile. Era sempre al posto giusto nel momento giusto, arrivava sempre prima. A chi vuole giocare a calcio consiglio di vedere chi era Paolo Rossi, la sua grande professionalità».

«Non riesco ancora a crederci. Fino ad un mese e mezzo fa lo sentivo spesso in chat, poi ha iniziato a non rispondere ed ho capito che c'era qualcosa che non andava. Se ne è andato con dignità, voleva essere il Paolo Rossi che ho sempre visto, sempre sorridente. Noi siamo andati al Mondiale come l'armata brancaleone, Paolo arrivò dopo due anni di inattività. Era deriso da tutti, il suo riscatto e la sua rivincita hanno coinciso con la nostra rivincita. Io se sono campione del mondo lo devo a lui». Queste le parole di un commosso Fulvio Collovati, eroe azzurro del mondiale 1982.«Quando è arrivato il messaggio della moglie Federica che ci chiedeva di non dimenticarlo mi si è spezzato il cuore -prosegue l'ex difensore di Inter e Nazionale-. Era un amico, un fratello. Un ragazzo solare, di una semplicità disarmante. Ho subito tranquillizzato Federica, come si fa dimenticare Paolo?».

«C'è un grande rimpianto per aver perso una persona con cui ho vissuto anni felici, un punto di riferimento per l'allegria che sprigionava, in campo e fuori. Lui ci ha portato sul tetto del mondo. Era un dovere per noi venire a salutarlo». Giancarlo Antognoni era tra coloro che hanno portato il feretro di Paolo Rossi in occasione del funeralee e tra i suoi compagni al Mondiale dell'82, vinto dall'Italia. «Eravamo sempre in contatto sulla nostra chat e lui ne era un artefice - ha aggiunto il campione della Fiorentina - Perdiamo una persona squisita sotto tutti i punti di vista. Alla fine non eravamo al corrente di quel che gli succedeva, spero che almeno non abbia sofferto»

« Paolo è stato ed era un amico vero, sincero, leale, una persona straordinaria che come ogni buon toscano sapeva ironizzare su stesso. Ma il mio pensiero adesso va soprattutto alla moglie Federica e alle sue bambine, d'ora in poi saranno sole e allora dico loro che noi amici ci saremo sempre, in ogni momento». Cesare Prandelli ha voluto dedicare un doveroso pensiero a Paolo Rossi prima della consueta conferenza stampa pre-partita. «Ieri a Vicenza con Federica ci siamo abbracciati e scambiati parole che mi tengo dentro - ha continuato il tecnico della Fiorentina - Di Paolo tutti ricorderanno i suoi gol che hanno fatto la storia del calcio, io però voglio ricordare la sua felicità quando è diventato di nuovo padre ad un'età non più giovanissima. Ecco, è questa l'immagine che mi porterò per sempre dentro».

 «E' come se Paolo Rossi si fosse portato via il pallone. E con lui, pure, un pezzo d'Italia. Quella messa in circolo davanti al televisore per le partite della Nazionale, quella che le emozioni non le condivideva sui social, ma con gli abbracci dopo ogni suo gol». Comincia così la lettera aperta con cui il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha voluto ricordare Paolo Rossi, nel giorno dei funerali. «L'Italia in finestra, quella popolare e con la bandiera a sventolare fuori dai finestrini e i clacson a raccontare la felicità per quelle vittorie, una dopo l'altra, passate alla storia - le parole del numero uno del calcio, presente a Vicenza per l'ultimo saluto a Pablito -. E' come se Paolo Rossi si fosse portato via l'estate. Degli amori e delle pallonate, delle tovaglie a quadri delle nonne e delle corse a casa per vedere quelle partite che iniziavano nel primo pomeriggio e che, per certi aspetti, non sono mai finite. Perché nessuno, mai, le dimenticherà. Come gli occhi, lucidi, del parente o dell'amico che avevi accanto il giorno che Pablito gliene fece tre al Brasile e la R di replay lampeggiava sullo schermo al ritmo del cuore di milioni di telespettatori, persone, italiani.

E' come se Paolo Rossi si fosse portato via gli anni Ottanta. Di televisori in bianco e in nero, mangianastri, robot, borselli e vacanze lunghe vissute tutti insieme sotto lo stesso ombrellone, in modo corale come quel mondiale: il Mondiale. Di pareggi, critiche e rinascita. Di classe e marcature a uomo, palleggio e contropiede, gregari e protagonisti assoluti, autentici. L'Italia di Gaetano Scirea, Dino Zoff e tutti gli altri. L'Italia di Sandro Pertini che si alza in piedi e chi se ne frega della forma, gol! L'Italia senza stereotipi e che non è scritto da nessuna parte che i sogni debbano per forza andare in fumo. Se non quello della pipa di un allenatore, solo apparentemente con il broncio, ma con la squadra tutta dalla sua parte. Paolo Rossi - improvvisamente come uno dei suoi gol - s'è portato via tutto questo. Ma nella fretta, perché i veri cannonieri le cose le fanno sempre molto rapidamente, una cosa se l'è dimenticata, ce l'ha lasciata: la memoria. Di quell'estate azzurra, così fantastica grazie ai gol di uomo semplice che ricorderemo - per sempre - con le braccia al cielo, il sorriso sulle labbra e il tricolore sul cuore. Paolo Rossi! Paolo Rossi! Paolo Rossi!».

La lunga veglia dei vicentini

I vicentini si sono messi in fila a centinaia, a migliaia, da ieri sera per attendere il proprio turno, al freddo e fino a che ha fatto buio, per salutare nel mitico stadio Menti il feretro in noce chiaro con la salma del campione del Mundial dell'82.

Oggi è lutto cittadino a Vicenza, e a Prato, che ha dato i natali a Paolo Rossi. Nel primo pomeriggio di ieri si contavano già oltre 1.500 persone, su una fila che aveva raggiunto il chilometro di lunghezza, per accedere sul prato del Menti, dove è stata allestita la camera ardente.

«Arrivò a Vicenza quasi come uno sconosciuto - ha commentato Antonio, un anziano tifoso - al punto che i quotidiani sportivi nazionali lo avevano inserito tra le riserve. Ma ci mise poco a conquistare il posto in squadra e a diventare un protagonista». «Sembrava uno studente liceale tanto era giovane - ha ricordato il signor Giovanni, che lo vedeva far colazione negli anni '70 nel bar sotto casa - e anche allora era sempre sorridente e felice». La bara è stata sistemata all'uscita degli spogliatoi, sotto la tribuna centrale. Subito è stata sommersa di fiori e di maglie biancorosse con il numero 9. In mattinata, invece, erano apparsi numerosissimi in città striscioni bianchi con la scritta ' Rossi Gol', ricordo di un vecchio slogan che comparve al Menti nella stagione 1976-1977, in serie B, quando le reti a ripetizione dell'allora sconosciuto Paolo Rossi portarono la squadra veneta in serie A.

 

Manifesti che sono stati appesi alle finestre, sui balconi, sugli alberi. Tra i tanti giunti a Vicenza per l'ultimo saluto, Marco Tardelli, che si è trattenuto a lungo davanti alla bara con Federica Cappelletti, la moglie di Rossi, e le loro due figlie, e il tecnico della Fiorentina, Cesare Prandelli. «Per me è un amico, un amico sincero: non riesco a trovare le parole, non l'ho ancora accettato» ha detto l'ex selezionatore azzurro. Che poi, commentando la fila di gente fuori dello stadio, ha aggiunto: «È la testimonianza di come ha vissuto Paolo la propria professione, e la gente viene a salutare Paolo, non il calciatore. È riuscito come pochi al mondo a riprendersi da momenti sempre difficili ricordando i valori dell'amicizia. Non è mai stato un personaggio, lo è diventato perché nel calcio ha fatto quello che ha fatto. Come persona è sempre stato di grande umanità e sensibilità».

A Vicenza stanno già pensando di dedicargli il Viale che porta allo stadio. Prima dell'apertura della camera ardente, era arrivata anche la prima moglie di Rossi, Simonetta Rizzato, con il figlio Alessandro.

La Lega Serie A e tutte le società ricorderanno e renderanno omaggio a Paolo Rossi attraverso una serie di iniziative in occasione del prossimo turno di campionato. I calciatori scenderanno in campo con il lutto al braccio e prima del calcio d'inizio di ogni partita sarà osservato un minuto di raccoglimento, al termine del quale sarà diffuso un audio storico che ricorderà le gesta dell'ex attaccante al Mondiale del 1982. 

 

Ultimo aggiornamento: Domenica 13 Dicembre 2020, 15:37
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