Nuove regole per le vigilesse: reggiseno obbligatorio e mai appariscente
di Paolo Navarro Dina
Benvenuti nell’articolo 35 del nuovo Regolamento di Polizia urbana del Comune di Venezia, che solo qualche giorno fa è stato approvato dalla Giunta del sindaco Luigi Brugnaro su proposta dell’assessore alla Sicurezza, Giorgio D’Este e del suo collega al Personale, Paolo Romor. Un Regolamento che mette a fuoco compiti e funzioni della Polizia locale veneziana, ma che, in alcune parti - diciamo così molto sensibili e legati alla cura della persona - ha già suscitato più di qualche malumore tra i sindacati. Anche perchè, detto per inciso, alle vigilesse è detto chiaro e tondo, nero su bianco tanto da rischiare il “cartellino rosso”, di abbandonare qualsiasi vezzo di troppo nell’arte della cosmesi e del “farsi belle”. Già. Perchè il Regolamento parla chiaro: vietata l’applicazione di ciglia e sopracciglia finte; niente unghie lunghe ammalianti e tanto meno bando completo della “nail art”, dei disegnini sulle unghie. Niente piercing.
E anche mogli e fidanzate dovranno stare attente. Giusto essere maritate o con il compagno (e ci mancherebbe!) ma l’unione dovrà essere ostentata con un solo anello, ma non sul dito pollice. I braccialetti potranno essere portati solo al braccio sinistro, e guai se gli orecchini dovessero essere “pendant”. Non se parla proprio, ma solo boules sferiche. E pure il collant dovrà essere neutro.
Ma se le donne non ridono, ce n’è anche per i maschietti. Di certo non si detta legge sulla biancheria intima (!) ma tutto il resto sì. Poca brillantina, lacca o gelatina, basette corte. Barba e baffi sono consentiti, ma senza eccedere. Insomma, “baffi a vibrissa” o arrotolati alla Checco Beppe manco a parlarne. Agli uomini è vietato il piercing e anche qualsiasi forma di cosmetico. Patti chiari e amicizia lunga. Insomma, o così o nulla, recita il nuovo Regolamento oltre a tante altre disposizioni sull’organizzazione del Corpo di Polizia Locale di Venezia (che probabilmente è molto simile a quello di tante altre città italiane ndr). Ma tutto questo ha scatenato l’ira dei sindacati. In particolare degli autonomi del Diccap che hanno deciso di contestare nel merito il documento, e in particolare la parte sulla “cura della persona”. «Troviamo queste norme - sottolinea il Diccap - offensive, umilianti e vessatorie dove si impone una cura maniacale, oltre che anacronistica, della persona e dell’uniforme. Si tratta di una serie di prescrizioni, obblighi, divieti, imposizioni e doveri che nemmeno negli eserciti ottocenteschi sarebbero stati tollerati»
Ultimo aggiornamento: Venerdì 23 Dicembre 2016, 07:58
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