Ubriaco al volante, però guidava piano e non rifiuta l'alcoltest: la Cassazione lo assolve

Ubriaco al volante, però guidava piano e non rifiuta l'alcoltest: la Cassazione lo assolve

di Roberto Ortolan
TREVISO - Alzare un po' troppo il gomito a una cena tra amici o una festa è sempre stato molto rischioso. Un po' meno dopo la sentenza dei giudici della Cassazione di qualche giorno fa. Adesso mettersi al volante ubriachi può non avere conseguenze gravi, con condanna penale e patente ritirata per mesi. E se i lavori socialmente utili avevano abbassato la soglia di rischio, adesso guidare annebbiati dall'alcol è diventata una trasgressione non sempre punibile. È quanto stabilisce la decisione della Suprema Corte, che hanno confermato l'assoluzione di un automobilista 33enne di Spresiano. L'uomo, l'1 maggio 2016 a Villorba, venne pescato al volante con un tasso alcolico di 1.10 g/l. Più del doppio del massimo consentito. Ma dopo il decreto penale di condanna e la stangata in primo grado, i giudici romani, così come i colleghi di Venezia, hanno ritenuto quell'errore (guida in stato di ebbrezza) una mancanza lieve, così lieve da poterlo graziare.

 
E per farlo hanno demolito la sentenza del giudice di Treviso che aveva condannato il 33enne a 20 giorni di arresto, mille euro di multa e otto mesi di sospensione della patente. Il messaggio della Cassazione è chiaro: se si è persone a modo mettersi occasionalmente al volante con la mente annebbiata dall'alcol non deve portare necessariamente a una condanna.

LA NOVITÀ
Una serie gli elementi valorizzati dai giudici, che hanno sposato le tesi dell'avvocato Paolo Salandin. Il legale si era appellato all'articolo del codice penale che stabilisce la non punibilità per fati estremamente lievi. Nonostante fosse al volante palesemente ubriaco il 33enne, nato a Montebelluna ma residente a Spresiano, procedeva molto piano. Tanto da non aver causato incidenti. Una volta fermato dalle forze dell'ordine non aveva cercato di fare il furbo né aveva imprecato o si era scagliato contro gli investigatori. E aveva fatto l'alcoltest senza protestare. Proprio come fa una persona di buone maniere che collabora con le forze dell'ordine. Non a caso aveva (e ha) un lavoro, è ben inserito nella comunità e nella famiglia. Ci sono decine di testimoni che confermano che solo in casi eccezionali alza il gomito. E il precedente per guida in stato d'ebbrezza, presente nelle carte del processo, si perdeva nella notte dei tempi, quasi 13 anni prima.
UN CASO
Se dopo la pronuncia in corte d'appello la sentenza aveva fatto discutere, adesso che è diventata definitiva farà giurisprudenza, creando un precedente clamoroso. L'estensione del concetto di brav'uomo potrà cioè essere applicata alla maggior parte degli automobilisti che sono persone virtuose e certo non delinquenti abituali. Se non si ha un lavoro si potrà dire che si sta cercando e trovare testimoni in grado di confermare la propria reputazione di persona equilibrata e amata da tutti non dovrebbe essere un'impresa. È vero che la Cassazione esamina quel caso specifico e che le sue sentenze non sono legge. Ma diventano comunque precedenti che fanno giurisprudenza. E ciò che resta in mente è che mettersi al volante con un tasso alcolemico di 1.10 g/l non è grave purché si riesca a controbilanciare il comportamento sbagliato con altri virtuosi. Niente di straordinario: basta andare piano, non prendersela con le forze dell'ordine, avere un lavoro, essere inserito bene nella comunità in cui si vive e non causare incidenti perché si corre troppo. In sostanza l'identikit del 90 per cento degli italiani. Per questo il principio proposto d'avvocato Salandin, poi passato sotto le forche caudine di Corte d'appello e Cassazione, suona come una sorta di depenalizzazione del reato di guida in stato di ebbrezza. E non per colpa di un etilometro tarato male, di un qualche vizio di procedura, di qualche certificato medico o di un etilometro non revisionato, ma proprio perché si può fare.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Gennaio 2019, 13:45
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