Emergenza Covid. Gli obitori di Treviso e Montebelluna sono pieni di morti per il virus

Emergenza Covid. Gli obitori di Treviso e Montebelluna sono pieni di morti per il virus

di Paolo Calia

TREVISO - Le immagini di un fine settimana folle sono due: gli obitori di Treviso e Montebelluna con i posti esauriti per i troppi morti per Covid di questi giorni e il Calmaggiore transennato per porre un limite al fiume di gente in arrivo. Un dato per capire la mole di persone piombata sabato in centro: le telecamere agli accessi della città hanno contato 61mila veicoli. Il tutto in barba a ogni tipo di precauzione anti-contagio. E il sindaco Mario Conte commenta amaro: «Troppa indifferenza».


Sindaco, gli obitori non hanno più posto ma tanta gente non rinuncia alla passeggiata in centro.
«Non capisco questa indifferenza. L’immagine degli obitori pieni è impressionante. Ma lo sono anche i numeri: oltre 102 persone ricoverate in ospedale, 25 in terapia intensiva. Personalmente ho amici che sono risultati positivi, altri in difficoltà col lavoro. Bisogna pensare a tutelare se stessi e gli altri».


Limitare gli ingressi al Calmaggiore ha funzionato?
«Sì. Ci ha consentito di distribuire la gente in molte vie eliminando così gli assembramenti».


Stefano Pelloni, capogruppo del Pd, dice che invece avete creato assembramenti nelle vie e nelle piazze circostanti.
«Pelloni non sa di cosa sta parlando. Abbiamo fatto in modo di diluire la folla: sono arrivate 61mila auto in città. Mettiamo che una parte siano state di residenti, comunque in centro nelle ore clou del pomeriggio c’erano non meno di 60mila persone. E le abbiamo gestite bene grazie alla polizia locale e alla Protezione civile. Se Pelloni ha idee migliori può alzare il telefono e chiamarmi. Ma non l’ho mai sentito».


Però appare contraddittorio vederla promuovere le iniziative per il Natale e poi chiudere il Calmaggiore per troppa gente.
«Sarebbe stato sicuramente più facile non fare niente: non mettere le luminare, annullare tutto.

Ma abbiamo pensato che c’è anche una componente psicologica da preservare: abbiamo bisogno del bello, della speranza. Ma dobbiamo affrontarla con responsabilità».


La chiusura improvvisa di una strada o una piazza sarà una soluzione che adotterete ancora?
«Certamente. Col le telecamere terremo d’occhio l’afflusso di gente pronti a intervenire ogni volta che ci accorgeremo che il distanziamento sta per venire meno. È accaduto così anche sabato: quando dai monitor è stato chiaro che la gente era troppa ho detto alla polizia locale di chiudere e ho avvisato il prefetto».


Vale solo per il Calmaggiore o anche per altre zone della città?
«Vale sempre. Devo anche sottolineare un altro problema: sono stati tantissimi quelli arrivati a Treviso da fuori, anche da altre province e comuni. È complicato non farli venire qui».


Fa bene quindi il governo a impedire gli spostamenti tra comune e comune per le festività?
«Possiamo anche fare un provvedimento al giorno, sempre più restrittivo. Ma se la mentalità è quella di trovare una scappatoia, non si avrà mai una soluzione efficace. La gente deve mettersi in testa che bisogna tutelare la salute».


Se la limitazione degli ingressi non dovesse bastare, si passerà alle ordinanze di chiusura?
«Vedremo. Intanto andiamo avanti così, ma ogni giorno è un banco di prova. C’è il rammarico che questa pandemia ci sta facendo buttare via quanto seminato in due anni: il 2020, senza Covid, sarebbe stato un Natale record per le presenze. Ma ci rifaremo nel 2021. Ne sono sicuro».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 14 Dicembre 2020, 17:45
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