Sorelle bruciate nel camper a Roma, preso il killer: aveva scippato Yao

Sorelle bruciate nel camper a Roma, preso il killer: aveva scippato Yao

di Alessia Marani

ROMA Appena letto Il Messaggero dell'11 maggio, all'indomani, della strage delle tre sorelle rom nel parcheggio del centro commerciale Primavera di Centocelle, a Roma, Serif Seferovic, 20 anni, uno dei tre scippatori della studentessa cinese Zhang Yao, si preoccupò subito. Dal momento che il giornale scriveva che vi potevano essere dei collegamenti tra la barbara uccisione di Elisabeth, Francesca e Angelica Halilovic, arse vive nel loro camper devastato da una bottiglia incendiaria, e i malviventi che derubarono la cinesina travolta da un treno mentre tentava di inseguirli a Tor Sapienza, Seferovic si affrettò a chiedere informazioni in Procura tramite il suo avvocato Gianluca Nicolini e si rese, almeno a parole, disponibile per essere interrogato. Perché, a sua detta, aveva un alibi di ferro: quella notte era a dormire in un autogrill lungo l'autostrada Roma-Civitavecchia e la polizia lo avrebbe pure fermato. Intanto, però, sparì subito dal campo rom di Salviati, alla periferia Est della città, dove viveva, per rifugiarsi molto probabilmente all'estero prima di rimettere piede ieri mattina in Italia, a Torino, nella speranza di riabbracciare la compagna e dove, però, gli agenti della squadra mobile di Roma lo hanno aspettato e arrestato.

LA PISTA
Perché sarebbe proprio lui, stando agli inquirenti, che quella maledetta notte del 10 maggio lanciò la bottiglia infuocata. Seferovic - che si dice innocente - ora dovrà rispondere di omicidio plurimo, tentato omicidio (nel camper quella notte c'erano tutti e 13 i componenti della famiglia Halilovic), detenzione, porto e utilizzo d'arma da guerra e incendio doloso. Per il 6 giugno è fissato il primo accertamento tecnico irripetibile sulle impronte lasciate sui frammenti della bottiglia. A incastrarlo le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza del centro commerciale che inquadrarono un giovane molto alto e magro (Serif è alto 1,87 metri) scaraventare l'ordigno contro il camper e poi scappare via a bordo di un furgone (il suo) guidato da un complice, individuato nel fratello, attualmente ancora ricercato. Le numerose testimonianze raccolte sul posto e nei campi rom della Capitale dai poliziotti del dottor Luigi Silipo hanno subito spalancato la pista della faida tra i Seferovic e gli Halilovic, due clan in perenne lite. Lo stesso Romano Halilovic, padre delle sorelle di 20, 8 e 4 anni, ascoltato per ore in Questura non aveva potuto nascondere quegli attriti. Prima l'incendio a una baracca dei Seferovic, poi le fiamme a un altro camper utilizzato come magazzino dagli Halilovic, infine il drammatico raid nel parcheggio. Un'escalation di dispetti e violenze culminata nell'orrendo rogo. All'indomani fu la nonna delle sorelline a segnare una pista inquietante: «Da quando sono stati presi gli scippatori della cinesina, la nostra famiglia è stata minacciata, pensano che c'entriamo noi e da Salviati siamo dovuti scappare».

Gli investigatori ritengono che possano essere molteplici i motivi all'origine della guerra: Halilovic e Seferovic litigavano per tutto: soldi, oro, ferro; e seguivano ripicche e vendette. Proprio qualche giorno prima della tragedia a Centocelle, i Seferovic avevano abbandonato il campo - «a seguito della degenerazione dei rapporti con gli Halilovic», dice la polizia - anche loro comunque allontanati, perché non graditi, e costretti a ripararsi nel parcheggio. In queste settimane alcuni container di altri Seferovic all'interno del campo della Barbuta, ai confini con Ciampino, sono stati incendiati dopo che gli occupanti li avevano abbandonato in fretta e furia «per andare a trovare dei parenti a Torino».

Movimenti dei familiari che gli agenti della Mobile hanno sempre seguito, soprattutto quelli della compagna di Serif, che si trovava in un campo di Sassari, in Sardegna. Quando la ragazza nella serata di mercoledì, piena di valigie, si è imbarcata su un traghetto alla volta di Genova, i poliziotti l'hanno seguita. Dal capoluogo ligure la giovane rom ha preso un treno diretta a Torino e qui, alla stazione ferroviaria Lingotto, si è incontrata con un giovane alto e magro: Serif che, dopo avere patteggiato per il borseggio di Yao era tornato libero a metà gennaio e che voleva probabilmente, portarla con se fuori dall'Italia.
 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 2 Giugno 2017, 15:40
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