Pompi, l'assurda provocazione.
"Non vendiamo ai cinesi"

Pompi, l'assurda provocazione. "Non vendiamo ai cinesi"

di Francesca Ortolani
C'è chi pensa che sia stata una mossa di marketing. Chi lo ritiene uno scivolone di pessimo gusto. I proprietari di Pompi, però, pensano che l'idea di affiggere un cartello che indicava la vendita ai cinesi era solo una provocazione Un messaggio sarcastico indirizzato ai residenti di via Albalonga che additano il locale Pompi come la causa di tutti mali alla viabilità della zona. «Ma quale razzismo? - si sfoga Cinzia Pompi, una dei fratelli della casa del tiramisù - siamo qui dagli anni '60 e vorremmo solo essere considerati dall'Amministrazione con il rispetto che meritiamo visto che siamo un locale storico e un modello di imprenditoria romana».

Il trasferimento all'Eur? «È una delle tante idee che abbiamo, ma adesso non è ancora il caso di scendere nei particolari - risponde la signora Pompi - certo se ci dicono che siamo soltanto capaci di creare problemi a questa zona, ci sentiamo offesi come persone soprattutto, e poi come commercianti di un'attività storica». La signora Cinzia, ammette «che vorrebbe trovare una soluzione al problema parcheggio» dopo che il Municipio, a settembre, ha installato il new jersey che ha ristretto la carreggiata, mettendo così la parola fine alle doppie file che quasi ogni giorno si creavano di fronte al locale. Decisione che, secondo la famiglia Pompi, ha fatto crollare da un giorno all’altro gli incassi. Il Municipio ce l’ha con Pompi? «Questo non lo so - è la risposta della titolare - Quando ci accusavano di andare contro i vigili perché multavano i clienti in doppia fila siamo stati i primi a dire che le regole valgono per tutti e se qualcuno sbaglia è giusto che paghi, ma nel frattempo abbiamo anche avanzato delle proposte al Municipio che sono rimaste inascoltate». Per esempio? «C’è la possibilità, sulla stessa via Albalonga o poco lontano di adibire a parcheggio delle aree per risolvere il problema della mancanza di posti auto. Parcheggi che, naturalmente, pagheremmo noi. Ma nessuno ci ha mai risposto. Ci siamo offerti di trovare delle soluzioni per non essere costretti a prendere in ipotesi quella di chiudere e vendere».

Fatto sta che la provocazione, avvenuta a cavallo tra sabato e domenica (quando le notizie scarseggiano e forse poteva esserci una eco maggiore), ha fatto il giro del web, scatenando l'ira degli affezionati clienti. Oggi, che è lunedì e il locale è chiuso, arriva la retromarcia: resta la figuraccia per esser stati additati come razzisti dalla comunità cinese e il dubbio che il noto tiramisù possa essere un banale "tilamisù".
Ultimo aggiornamento: Martedì 14 Ottobre 2014, 09:24
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