Morto di cancro al pronto soccorso, il ministro Lorenzin invia gli ispettori

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«Quanto accaduto al signor Marcello Cairoli non doveva succedere, non da noi. In Italia il pronto soccorso degli ospedali non è e non deve essere l'ultima tappa della vita di un paziente oncologico. Approfondiremo ogni aspetto di questa vicenda, raccontata da Patrizio con tanto coraggio, amore e indignazione». È quanto scrive il ministro della salute Beatrice Lorenzin in un post su Facebook in cui annuncia una indagine ispettiva per accertare se la rete oncologica del Lazio ha funzionato e verificare i livelli assistenziali erogati sul territorio a favore dei malati oncologici.
 

«Questa storia - scrive - non riguarda medici e infermieri e non vale neppure la polemica sui sovraffollamenti al Pronto Soccorso di un grande ospedale romano, dove il personale garantisce quasi mille interventi al giorno». «Gli ispettori ora accerteranno cosa è accaduto, cosa non ha funzionato, di chi è stata la responsabilità, se un uomo è morto passando le ultime 56 ore della propria vita in un pronto soccorso». 

CODACONS DENUNCIA  Una denuncia contro la Regione Lazio e il Ministero della salute per il caso del paziente morto di cancro all'ospedale San Camillo di Roma. La annuncia il Codacons, che in una nota fa sapere che oggi si rivolgerà alla Procura di Roma contro le istituzioni responsabili della sanità nella Capitale e in regione. «Quanto accaduto è solo l'ultimo di una serie di episodi in cui la dignità dei malati viene calpestata senza pudore - spiega il presidente Carlo Rienzi - Ogni giorno nei pronto soccorso dei nosocomi romani si registrano situazioni a limite della decenza, dove l'assistenza sanitaria viene fornita poco e male, spesso in modo superficiale e dopo attese infinite, con i pazienti - spesso anziani - umiliati e abbandonati a loro stessi».
«Ciò avviene nonostante gli sforzi di medici e personale ospedaliero, perché i continui tagli alla sanità hanno portato ad un drastico peggioramento del servizio sanitario, e solo chi può pagare attraverso l'intramoenia sembra ricevere cure veloci e adeguate». «Inviare gli ispettori negli ospedali dopo simili episodi non serve a nulla, ed è una scelta ipocrita tesa a lavarsi la coscienza ma non certo a risolvere le criticità dei nosocomi romani - prosegue Rienzi - Il ministero e la Regione devono prevenire ed impedire che un malato terminale si spenga in una sala comune nell'indifferenza di tutti, e le loro responsabilità sul caso del San Camillo dovranno ora essere accertate dalla magistratura». 

TRIBUNALE MALATI: SIAMO STUPITI DAL MINISTRO «Siamo stupiti che il ministro Lorenzin abbia inviato gli ispettori solo nella struttura ospedaliera del San Camillo, che pure ha delle responsabilità, e non invece sul territorio, dal momento che proprio la medicina territoriale, a partire dall'assistenza domiciliare, è risultata del tutto assente». Così il coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, Tonino Aceti, commenta la decisione del ministro della Salute, a seguito del decesso di un uomo malato di cancro dopo oltre 50 ore di attesa al pronto soccorso del nosocomio romano. «Questo paziente - ha sottolineato Aceti in occasione della presentazione del monitoraggio sullo stato di salute dei pronto soccorsi italiani - non doveva morire lì e non doveva morire così».

«Ma la mira del ministro Lorenzin con l'invio di una task force di ispettori al pronto soccorso dell'ospedale non è stata una mira così precisa e probabilmente l'obiettivo doveva appunto essere l'assistenza territoriale». Infatti, ha sottolineato, «il punto è che un malato oncologico terminale in pronto soccorso non dovrebbe arrivarci proprio poiché dovrebbe essere preso in carico dall'assistenza domiciliare e dai servizi sul territorio. Il grande problema - ha concluso - è che c'è un'enorme inadeguatezza organizzativa e dei gestioni dei servizi».

ASSOTUTELA: MANDARE GLI ISPETTORI NON AUMENTA I LETTI «Un caso di cronaca che purtroppo non è una novità. La denuncia dell'assurda agonia di un uomo, malato di cancro in fase terminale, spirato nel pronto soccorso del San Camillo è solo la descrizione, arrivata alle cronache dei giornali, di una comune prassi». Lo dichiara il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato che spiega: «Da tempo denunciamo le condizioni inumane dei pronto soccorso cittadini, accentuate dal barbaro taglio di migliaia di posti letto, senza che nessuno intervenga a favore della tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito».

«Se una persona non può avere una fine dignitosa, evento che sovente si verifica al San Camillo come in molti altri pronti soccorsi di Roma, dobbiamo ringraziare la politica sanitaria del governo e, di rimando, delle regioni nessuna delle quali ha fatto appello all'articolo 32 per difendere la salute dei cittadini. E il ministro Lorenzin come risponde? Nel modo più ipocrita e inutile possibile: inviando gli ispettori al San Camillo. Sappia il ministro, che non è con la burocrazia che si risolve il problema. Il problema lo risolvi riaprendo gli ospedali».

«È intollerabile che nell'ospedale di Monteverde si assista a un tale scempio mentre quello attiguo, il Forlanini, è stato svuotato, depredato, saccheggiato e ora, a cose fatte, è militarizzato e inutilizzato. E mentre il discusso palazzone della Regione Lazio si illumina di rosa per promuovere la prevenzione, aumentano i decessi in pronto soccorso, forse proprio per i letti tagliati in ospedale», chiosa Maritato. 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 6 Ottobre 2016, 14:50
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