Marino, i pm ricorrono in appello: "Carta di credito usata per fini personali"

Marino, i pm ricorrono in appello: "Carta di credito usata per fini personali"

di Davide Manlio Ruffolo
Dovrà tornare davanti ai giudici, questa volta per affrontare il processo d’appello, l’ex sindaco Ignazio Marino. Dopo l’assoluzione dello scorso 7 ottobre, infatti, la Procura di Roma ha deciso di impugnare la sentenza con cui il gup Pierluigi Balestrieri lo aveva scagionato dall’accusa di peculato, truffa e falso, nell’ambito di due diverse inchieste riguardanti il cosiddetto “caso scontrini” e le consulenze della Onlus Imagine.

In relazione alla prima indagine, quella sulle cene sospette, secondo quanto si legge nel documento redatto dai pubblici ministeri Roberto Felici e Pantaleo Polifemo, «26 volte sul totale delle 56 contestate, la cena si è svolta in una giornata festiva o prefestiva e tale circostanza induce a concludere che si trattasse di incontri svoltisi negli spazi di tempo lasciati liberi impegni istituzionali». Una circostanza per la quale «risulta illogico affermare che un evento apparentemente di rappresentanza possa essere considerato ‘pubblico’ sulla base di valutazioni soggettive e non verificabili rimesse all’arbitrio del pubblico ufficiale che la eroga in ordine ad oggetto, tempo, modalità, beneficiari, pubblicità».

Nell’atto di impugnazione viene affrontata anche la restituzione degli importi pagati con la carta di credito intestata al Campidoglio, avvenuta dopo il clamore mediatico e ritenuta «compatibile con un uso non illecito della carta di credito». Sulla seconda inchiesta, quella per i compensi riferiti a prestazioni fornite da collaboratori fittizi all’interno della Onlus Imagine (di cui Marino era presidente), i magistrati sottolineano il «dato oggettivo della insolita sottoscrizione di tali contratti da parte del Presidente rappresenta un indizio che sostiene il predetto elemento, materiale e diretto, e che depone per l’effettiva consapevolezza, da parte dell’imputato, della artificiosità e falsità dell’operazione realizzata».

In altre parole, sempre secondo l’atto d’impugnazione, «l’unica spiegazione verosimile è quella secondo cui il Marino ha apposto la propria firma sui contratti falsi, perché, essendo informato dell’operazione che si stava programmando, si è fatto carico di avallare la condotta della direttrice».
Ultimo aggiornamento: Martedì 31 Gennaio 2017, 09:50
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