Gang dei poliziotti, per i sette in carcere
convalidati gli arresti

Gang dei poliziotti, per i sette in carcere convalidati gli arresti

di Adelaide Pierucci
Resta in carcere la gang dei poliziotti rapinatori. Le “mele marce” che venerdì sera, a Tor Sapienza, insieme a due ex colleghi destituiti e tre amici italiani, avrebbero perquisito (senza mandato) una pusher capoverdiana ai domiciliari per derubarla, arrivando a sequestrarla in camera da letto insieme al nipotino. Ieri è stato il giorno degli interrogatori e la versione degli arrestati, sospettati di aver messo a segno altri colpi, non ha convinto il gip. Dopo sei ore di giustificazioni, la loro ricostruzione è stata ritenuta «contraddittoria e inverosimile» dal gip Donatella Pavone che ha convalidato l'arresto per tutti e ordinato la custodia cautelare in carcere.



LE ACCUSE

Sequestro di persona, rapina e porto di arma da guerra, i reati contestati ai sette arrestati per il blitz che avrebbe fruttato solo 900 euro, trovati nel portafogli di uno degli agenti. Ma l'inchiesta non è chiusa. E’ solo una tranche dell’indagine aperta dalla Procura di Velletri, che da mesi ha puntato l'attenzione sulla banda in divisa, facendola pedinare dalla Stradale.

Il sovrintendente Corrado Martello, del commissariato Aurelio, e il collega di Frascati, l'agente scelto Roberto Cresci, avrebbero fornito una versione non credibile: «Eravamo al bar Dell'Aquila a Torre Maura quando ci è arrivata la soffiata che in un palazzo di Tor Sapienza c'era qualcuno che spacciava. Controllare, un dovere». «Ma quale bottino... - avrebbe aggiunto poi Martello - i soldi che avevo addosso li ho prelevati col bancomat di mia madre. Sono i soldi della sua pensione». I due agenti però non sono riusciti a dimostrare l’urgenza di un intervento senza deleghe e a motivare la presenza di altri due colleghi destituiti, Sergio Doria e Prisco Laurenti, e altri amici, Domenico Catrisano, il figlio Marco e Moreno Valentino.

«Si sono fatti scortare nell'appartamento, ma visto che la signora non c'era l'hanno attesa nell'androne», ha spiegato il portiere del palazzo. Solo su un dettaglio gli agenti hanno vacillato: «Sembrava una poveraccia, altro che una spacciatrice». Ma poi sarebbe prevalso l'istinto della “perquisizione”, nonostante la presenza del bambino.
Ultimo aggiornamento: Martedì 14 Gennaio 2014, 08:13
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