Borse, Milano crolla: -3,3% dopo Draghi.
Renzi alla Merkel: non ci tratti da scolaretti
di Alessandra Severini
Tutte misure che oltre a quelle già avviate danno all’intervento di Francoforte un peso di quasi 1000 miliardi di euro.
I mercati forse si aspettavano indicazioni più precise sull’entità degli acquisti e così reagiscono male. Milano affonda con un -3,92%, Parigi perde il 2,81%, Francoforte l’1,99%, Londra l’1,69% e Madrid il 3,12%. In un solo giorno l'Europa brucia 222 miliardi e lo spread sale a 142 punti. E mentre le vie del centro di Napoli sono attraversate dal corteo di protesta, con qualche momento di tensione, il governatore di Francoforte difende l'operato della Banca centrale ed esorta i governi europei a «non vanificare gli sforzi di risanamento condotti fino ad ora e a proseguire nella via delle riforme». Un’esortazione di cui non ha bisogno Matteo Renzi. In visita a Londra, il premier italiano assicura che la riforma del lavoro è «una grande riforma e sarà molto apprezzata dagli investitori» perchè l'art. 18 «limita la libertà degli imprenditori». Il jobs act perciò si farà «nel prossimo mese al massimo anche se il premier dovrà trovare un punto di mediazione fra il Pd e gli alleati centristi, soprattutto sulla questione del reintegro in caso di licenziamenti disciplinari.
Sul rapporto con l'Europa il premier italiano si schiera senza dubbi al fianco di Parigi che ha annunciato lo sforamento del vincolo del 3%. «Noi rispettiamo il limite del 3% ma rispettiamo anche le decisioni di un paese libero e sovrano. Sono dalla parte di Hollande». Senza nominarla mai, poi, manda un messaggio irritato alla “maestrina” Merkel: «Nessuno ha il diritto di trattare gli altri Paesi come si trattano gli studenti».
Intanto il governo è ancora a caccia delle coperture finanziarie necessarie alla legge di stabilità. Per la prima volta il ministro del tesoro Padoan prospetta l’eventualità di «tagli lineari» ove non si arrivi ad indviduare le coperture. Il ministro sembra anche poco convinto dalla fattibilità dell'anticipo del tfr in busta paga, che invece Renzi sostiene con convinzione. La misura piace anche alle grandi aziende che non hanno problemi di liquidità. L’approvano per esempio Telecom e Diesel e la applaude l'ad di Fiat Sergio Marchionne. A sorpresa, la misura piace anche al segretario della Fiom Maurizio Landini, a patto che i «lavoratori siano liberi di scegliere e che non cambi la tassazione».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Ottobre 2014, 09:53