Matteo Renzi a 'Che tempo che fa': "Cancelliamo
i co.co.pro. 20 mld legge di stabilità, no più tasse"

Matteo Renzi da Fazio: "Oggi cancelliamo i co.co.pro. Legge di stabilità da 20 mld, non un cent di tasse in più"

di Alessandra Severini
ROMA - Venti miliardi nella legge di stabilit per provare a far ripartire l'Italia. A palazzo Chigi si lavora in maniera febbrile per mettere a punto la manovra d'ottobre. Il grosso delle risorse arriverebbe dalla spending review, mentre un tesoretto' di 5 miliardi verrebbe dal calo dello spread. C' un'altra idea che frulla dalle parti del Mef, quella di coinvolgere le Casse private ed i fondi per la previdenza complementare in un progetto di investimenti per rilanciare l'attivit economica partendo da Pmi e infrastrutture.





A sostegno dei lavoratori ci sarà, ha annunciato il premier ospite in tv da Fazio, «un miliardo e mezzo per gli ammortizzatori sociali» e la conferma del bonus di 80 euro. Secondo Renzi inoltre potrebbe trovare spazio nella manovra una misura che prevede di «mettere il Tfr mensilmente in busta paga». In pratica si potrebbe inserire il 50% del Tfr nello stipendio mensile che aumenterebbe del 3,5%, anche se questo intervento potrebbe mettere in pericolo la liquidità delle pmi. A beneficio delle imprese la manovra conterrà o un ulteriore taglio all'Irap o un meccanismo per la deducibilità dall'imposta del costo del lavoro. «Non ci sarà un centesimo di tasse in più», giura il premier, che conferma poi un miliardo sulla scuola e la possibilità per i comuni di sbloccare il patto di stabilità nel 2015.



Alla vigilia della resa dei conti in direzione, inoltre, il segretario del Pd non ha potuto non affrontare il tema della riforma del lavoro. «Non cancelliamo l'art.18, cancelliamo i co.co.pro e tutte quelle forme di collaborazione che hanno fatto del precariato la forma prevalente del lavoro». Perché per Renzi «l'imprenditore deve essere libero di mandare a casa i lavoratori ma lo Stato deve avere il dovere di prendersi cura di loro».

Nel parlamentino Pd Renzi controlla comunque oltre il 65% e quindi non avrà problemi a far passare la sua linea. Si vorrebbe evitare però una larga spaccatura, ed è per questo che si cercherà una difficile sintesi. La minoranza bersaniana esclude la scissione, ma D'Alema punzecchia il premier sospettando che il jobs act sia il «tentativo di accreditarsi nei confronti delle forze conservatrici dominanti in Europa». Ma Renzi ha già detto che lo spazio per la mediazione è poco: «Sono pronto a dialogare con tutti ma il mio obiettivo non è far contento D'Alema».



Niente sconti neanche ai vescovi: «In questi anni sono stati zitti mentre si consumava una catastrofe educativa». E nessun cedimento neanche nel rapporto con i sindacati. La Cgil accusa il premier di rifiutare ogni confronto e minaccia lo sciopero generale se il governo dovesse scegliere la strada del decreto. Il premier risponde per le rime: «Il sindacato che ci critica è l'unica azienda sopra i 15 dipendenti che non ha l'art.18». Oggi intanto è in programma l'incontro fra i leader di Cgil, Cisl e Uil. Renzi fa capire che andrà avanti nonostante le critiche: «Più che poteri forti vedo pensieri deboli, non posso accettare chi scommette sul fallimento».





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Ultimo aggiornamento: Lunedì 29 Settembre 2014, 11:15
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