Italicum, resa dei conti nel Pd:
Speranza si dimette da capogruppo

Italicum, resa dei conti nel Pd: Speranza si dimette da capogruppo

di Alessandra Severini
ROMA - Una riunione tesa e lunghissima che forse segnerà un punto di non ritorno nella storia del Partito democratico. Falliti i tentativi di mediazione, il premier Matteo Renzi ha ribadito a tutti i deputati Pd riuniti in assemblea a tarda sera di non volere alcuna modifica all’Italicum e ha chiesto un voto. Ed ha chiarito che all’approvazione della legge elettorale è legata anche la legislatura: «Questo governo è legato a questa legge elettorale, nel bene e nel male».





Rigettata anche la proposta di sospendere l’assemblea avanzata da Gianni Cupelo, gran parte degli esponenti della minoranza hanno deciso di abbandonare l’assemblea. Alla fine quindi il gruppo ha votato in maggioranza per la linea del premier. La tensione ha raggiunto il culmine quando il capogruppo Roberto Speranza, che si era speso per una soluzione di compromesso, ha annunciato le proprie dimissioni. «Sarò leale al mio gruppo e al mio partito - ha spiegato senza nascondere l’amarezza - ma voglio essere altrettanto leale alle mie convinzioni profonde. Non cambiare la legge elettorale è un errore molto grave che renderà molto più debole la sfida riformista che il Pd ha lanciato al Paese».



Lo scontro interno al partito è destinato ad avere conseguenze. Lo si capisce dai toni usati. Molto critico contro la scelta della minoranza è per esempio il tweet del senatore renziano Andrea Marcucci: «Tafazzi spara ultimi colpi, #Pd questa volta non si fermerà. Serve nuova legge elettorale, non un’altra seduta di psicoanalisi».



Ma proprio le divisioni interne al Pd potrebbero spingere il premier a porre la fiducia sulla riforma elettorale una volta che il testo approderà in Aula il 27 aprile. Troppo alto il rischio di un’imboscata che leghi, grazie al voto segreto, la minoranza Pd a Forza Italia o al Movimento 5 stelle, soprattutto sul premio di lista e sui capilista bloccati. Le opposizioni scrivono al Colle per chiedere al presidente Mattarella di impedire il ricorso alla fiducia che è stato descritto come un golpe. Escludere la fiducia potrebbe certo essere un modo per distendere l’atmosfera da parte del premier, accompagnata dalla promessa di altri cambiamenti alla riforma del Senato.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 16 Aprile 2015, 11:35